Il virus e l’acqua santa
Se il primo capitolo era un intreccio riuscitissimo di paura e di citazioni ambiziose (Pupi Avati, Jonathan Demme e naturalmente lo zombesco Romero) tanto da costringere Hollywood a farne un remake, il sequel di [Rec], firmato dallo stesso Jaume Balagueró in coppia con Paco Plaza, non tradisce le aspettative di una visione sperimentale, forse meno evocativa in termini sociologici rispetto alla precedente puntata (nella quale si ravvisava il ghetto-palazzo e le paure nascoste dietro la porta del vicino) ma con un avanzare che si fa cinema piacevole, anche autoironico, ma mai grottesco. Certo, la partenza di [Rec]2 forse non è delle migliori (quasi videoludica a mò di Doom, la prospettiva iniziale delle telecamere fissata sui fucili d’assalto, con tanto di scene splatter), ma il film di Balaguerò & Plaza riesce piano a sollevarsi già dalla metà in poi, quando si mette a riprendere la situazione da più punti di vista con la consueta handy-cam, ma in modo originalissimo, sovrapponendo spazi e tempi narrativi. Punti luce e sguardi abilmente decomposti e ricomposti assieme, che si sfiorano e si intravedono per tutta la durata del film fino a fondersi in un finale inaspettato.
Da segnalare, per gli appassionati ai misteri di [Rec], che gli interrogativi rimasti in sospeso nel primo capitolo trovano delle risposte, ma forse non quelle sulle quali molti avevano scommesso. Le radici della terribile epidemia messa in quarantena nel palazzone di Barcellona in [Rec]2 tendono infatti (con non poca fatica bisogna dire) verso un microcosmo religioso (in [Rec] il mistico e il demoniaco erano soltanto accennati verso la fine, qui esplodono decisamente fin dall’inizio). Non a caso le citazioni – che pure anche stavolta non mancano – questa volta vanno a parare proprio verso L’esorcista et similia, sostituendo alla chimica del “virus”, l’acqua santa e la voce distorta del satanasso di turno.
Ciò che sorprende piacevolmente è che l’ambientazione scelta da [Rec]2 sia identica alla prima, quasi tutto fosse rimasto ancora intatto, respirando la stessa aria claustrofobica (anche se stavolta riusciamo a vedere anche qualche esterno). E nonostante la svolta “mistica”, la trama segue fedelmente il filo spezzato in precedenza, così come le storie e i personaggi del primo episodio ritornano sulla scena evidenziando una simbiosi inevitabile fra i due capitoli (e già annunciando con chiarezza che ci aspetterà almeno un terzo futuro episodio). Il finale, dicevamo: fin troppo esplicito il rimando a The Ring (con tanto di pozzo) ma perfino (sui fotogrammi finali) a L’alieno, cult movie di serie b del 1987 diretto da Jack Sholder, fanta horror quanto questo [Rec]2. E anche se non riusciamo a trovare niente di davvero coinvolgente, tanto che quel prete poco credibile con l’accento alla Ratzinger ci strappa perfino qualche sorriso invece di spaventarci, non possiamo non ammettere che probabilmente [Rec]2 è sequel più azzeccato nel suo genere (basti pensare al disastro che è stato fatto invece con 28 settimane dopo). E tanto basta.
Curiosità
Il film ha incassato in questi giorni la nomination ai premi Goya 2010, nella sezione migliori effetti.
A cura di Daniele Lombardi
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