Immigrazione e società tra sogni e affetti
Il regista di Francesca, Bobby Paunescu, è uno dei più promettenti fra quelli del panorama dell’Europa dell’Est. Cresciuto in Italia, ha deciso di fare questo film per mostrare la crisi d’identità dei Paesi ex-comunisti, prendendo spunto dall’omicidio di Giovanna Reggiani, uccisa a Tor di Quinto proprio da un cittadino rumeno. L’opera, sicuramente di denuncia ma anche di indagine sociale, mostra un certo tipo di razzismo sempre più dilagante in Italia e indaga fra le pieghe più nascoste del nostro modo di pensare. È anche un film sulla scelta, intesa come opzione su quello che possiamo fare nella nostra vita e sulle conseguenze che tale scelta comporta inevitabilmente.
Francesca, anche se con pochi mezzi e con scarse novità, esplora il tessuto contemporaneo della famiglia e dei rapporti, e indaga sui sogni e sulle aspirazioni delle persone, soprattutto nei momenti di grande difficoltà. C’è il bisogno – forte – di volersi fidare (e affidare) gli uni degli altri, ma c’è anche la voglia di buttare fuori le paure che scaturiscono dall’osservazione di questo mondo duro, aggressivo e sfiduciato. Il regista ha voluto lanciare una dura critica contro il razzismo stereotipato e ignorante. La protagonista Francesca sogna di cambiare l’idea che gli italiani hanno (in genere) dei romeni. Certo, anche loro, di contro, pensano che gli italiani siano tutti uguali, trattino gli immigrati come schiavi e addirittura rapiscano i bambini per espiantarne gli organi. Il regista ha analizzato, infatti, proprio il luogo comune fine a se stesso, cercando di scardinarlo nella sua totalità. Francesca si può definire neo neorealista, un racconto scandito a ritmo di lunghi piani sequenza e inquadrature fisse che – evviva – non vuole essere moralista né didascalico, ma vuole narrare le vicende umane di chi vorrebbe rinascere ma è preda di un una realtà dove compromesso e corruzione sono quasi sempre, ahimè, prassi istituzionali.
Il film è stato molto acclamato alla Mostra del Cinema (in conferenza stampa e alle proiezioni) come nelle sale, ma resta soprattutto un’opera alla quale dare il merito di aver guardato la realtà senza filtri di parte e senza insegnamenti inutili, se non quello di capire che bisogna rispettare per essere rispettati. Lo stile leggero (nonostante il tema) e l’ottima qualità della regia bastano per guidare il film verso il suo obiettivo, che è quello di fotografare una realtà con cui tutti, prima o poi, ci troviamo a fare i conti.
Curiosità
Il debutto del film è stato ritardato a causa della battuta rivolta ad Alessandra Mussolini, che si è rivolta a un giudice che però ne ha permesso la diffusione. Oltre all’onorevole Mussolini, anche il sindaco di Verona Flavio Tosi è oggetto di insulto in una battuta del film.
A cura di Claudia Verardi
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