Intervista a Don Aleardo (pag. 2)
Come trova la scelta di non aver inserito nessuna censura o restrizione d’età nel film in Italia?
Non capisco il senso di produrre un film per poi censurarlo. Sono ben altri i film che mi fanno pensare al come presentarli al grande pubblico.
La gente va a vedere questo film, prima di tutto per curiosità ovviamente,
poi per una questione pubblicitaria.
Con che spirito, secondo lei le masse andranno a vedere questo film? In che modo consiglia di guardarlo? Alcune voci all’interno della Chiesa parlano di un effetto “Grande Fratello” per La passione, come se si volesse guardare il dolore di Gesù solo attraverso il buco della serratura.
Non consiglio mai film ai fedeli della mia parrocchia, ma non sconsiglio di vedere questo film almeno per stimolare un confronto ed una ricerca nei testi del Vangelo.
Il rischio della “sovrapposizione” c’è , ma per anni abbiamo tranquillamente lascito “sovrapporre” il Gesù di Nazareth di Zeffirelli o quello dell’arte alla vera immagine che traspare dai racconti dei vangeli.
L’effetto “Grande Fratello” è un’opinione che mi trova d’accordo più che altro per il coinvolgimento più emozionale che spirituale che produce la pellicola.
Nell’altra intervista, Reibman sosteneva che The passion sarà soprattutto una sfida per la Chiesa cattolica, più che altro a livello pastorale, di rapporto sacerdoti-fedeli. Abbiamo intervistato lei proprio perché è il parroco della Garbatella a Roma, uno dei grandi quartieri popolari della Capitale? Come risponde? Lei parlerà del film a messa?
Come ho già detto ci potrà essere la curiosità ad andare a rileggerli i brani evangelici della Passione per i non praticanti e un confronto con essi per i praticanti, certo il vangelo sarà lui stesso a chiarire ogni cosa.
Sì, ho parlato del film in una predica ma per sottolineare il fatto che non c’è bisogno che si producano spettacoli cinematografici per parlare di Gesù, ma basta una comunità che pratica veramente la persona di Gesù nell’incontro domenicale.
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• Vai all’intervista a Yasha Reibman, portavoce della comunità ebraica di Milano.
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A cura di Fabio Falzone
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