Andorra non è il Brasile, ma se vinci è una goduria
Quelli che sono senza soldi, ma in realtà ne hanno pochi, che sembra che capiti tutto a loro, che studiano e sono bravi ma poi vengono sfruttati, manipolati, raggirati o addirittura accantonati. Quelli di una generazione che si crede status symbol, che pensa al giorno dopo ma più ancora a due giorni prima, che vive con l’idea che i cliché esistono e che vanno combattuti, ma che se ti ci ritrovi, bhé insomma fa lo stesso. La generazione è quella di quelli che alla Play prendono Andorra per sfidare i “bastardi” del Brasile, che vedono in quella partita il desiderio di rivalsa dello scarso contro quello forte. Ma questa sfida Andorra-Brasile (con vittoria di Andorra all’ultimo minuto per enorme “cagata di Dida”), uno dei tanti pretesti divertenti del film, come pure il buco nel pavimento della casa di Matteo e Francesco (della serie: ti manca la terra sotto i piedi), può rappresentare un buon punto di partenza per accedere alla filosofia (spiccia) di Generazione 1000 euro, l’ultimo film di Massimo Venier. Un film simpatico da farci due risate con gli amici, magari utile per fare il giochetto del “sembra me”, quello dell’immedesimazione è un ingranaggio che funziona bene con una certa gioventù (di massa), ma, intendiamoci, non prendiamolo o non etichettiamolo come film sul precariato, altrimenti non ne usciamo più. Un film sul precariato molto convincente e interessante è Il Vangelo secondo Precario di Stefano Obinno. Questo di Venier invece è una commedia con personaggi giovani, che fanno lavori diversi e arrivano da esperienze formative diverse, ambientata a Milano.
Venier già in Mi fido di te (2006) e prima ancora in Tu la conosci Claudia (2004) e in Chiedemi se sono felice (2000), oltre a dimostrare una buona dimestichezza nel gestire i tempi comici della commedia e la presenza dei suoi attori-cabarettisti (il duo Ale e Franz e soprattutto il trio Aldo, Giovanni, Giacomo), consolida il suo personale interesse a raccontare cinematograficamente la sua Milano. Qui gli riesce in parte, anche perché nonostante la vicenda si svolga a Milano non ci sono elementi forti che fanno delle location e dei set milanesi un soggetto utile all’economia del racconto (anzi, la storia di questo film si sarebbe potuta svolgere in qualsiasi altra città italiana) ma resta il fatto che, aggiunto ad altri elementi interessanti, questo voler fotografare a tutti i costi e con affetto la realtà urbana, e quindi la sua anima ambigua e contraddittoria, affascinante e illusoria, sia un aspetto non di poco conto. Perché la regia di Venier (che è pure sceneggiatore insieme alla Federica Pontremoli di Giorni e nuvole e Giulia non esce la sera), dietro l’apparente goliardia, nasconde una certa attenzione ad un’altra forma di precariato, che è quella sentimentale/umorale. È evidente anche in un film come Generazione 1000 euro che l’idea di Massimo Venier non sia quella di appoggiarsi a stereotipi abusati (la generazione dei trentenni sfigati o squali), piuttosto quella di raccontare attraverso il genere della commedia una certa forma di disagio esistenziale da parte dei protagonisti. È nella sequenza della vendita di oggetti-ricordo su Ebay che si scopre quanto questa generazione (che non ha età) resti attaccata al passato, piuttosto che al futuro. È nel continuo scontro/incontro con gli oggetti comunicazionali (vedi pc, cellulari, navigatori satellitari, ecc.) che viene rivelata la debolezza di questa generazione in preda all’ansia di ricezione o di prestazione. Imbarazzo generale che sfocia, inevitabile, in una confusione sentimentale (e qui entra in gioco il sesso, l’amore, il tradimento, i desideri incomprensibili per gli altri, ecc.).
La commedia, non dell’equivoco, ma dei ruoli (e qui ogni personaggio è costruito per essere uno stereotipo di se stesso), in alcuni punti funziona bene (anche qui grazie allo “stereotipo” di Francesco Mandelli), in altri meno, che a tratti fa sorridere (dice Matteo ad un certo punto: «Questa è l’unica epoca dell’umanità in cui le persone tornano in Molise» e la battuta, oggi, può essere riletta in maniera seria e sociologica) e in altri pensare. Ci si può appassionare o meno alle vicende dei personaggi (anche se, in realtà, il finale si appesantisce di troppe sorprese di cui si potrebbe fare a meno, compreso quel nudo che stona con tutto il resto e che vuole soltanto enfatizzare un passaggio del film già chiaro), si può discutere se tutti i passaggi della sceneggiatura funzionino, ma non si può fare a meno di riconoscere il tentativo di costruire un discorso comico meno sbracato del solito. Più che far riflettere sul precariato, quindi, Generazione 1000 euro chiede allo spettatore (giovane) se si riconosce in questa condizione di attesa, frustrazione e compensazione illusoria che è la vita.
Curiosità
Nato prendendo spunto da un’inchiesta del quotidiano spagnolo El Pais dedicata a La Generacion de los Mil Euros, Generazione 1.000 Euro è stato il primo reality book distribuito gratuitamente online. Dal 13 dicembre 2005 al 13 marzo 2006, in soli 3 mesi, è stato scaricato ben 23.397 volte, suscitando l’interesse non soltanto di tutti i milleuristi che ci si sono identificati, ma anche – inaspettatamente – dei più prestigiosi media italiani e internazionali. Il 7 giugno 2006 Generazione 1.000 Euro è arrivato in libreria in una nuova edizione, per raggiungere anche quelle fasce di pubblico meno avvezze – o disinteressate – a internet.
A cura di Matteo Mazza
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