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Quando il cinema diventa l’escort della tv

Quando il cinema diventa l’escort della tv

Bastano pochi minuti de La donna di nessuno per farsi venire in mente una vecchia frase di Woody Allen: “il cinema si ispira alla vita ma purtroppo la vita si ispira alla televisione”. L’esordiente Vincenzo Marano – italiano che a forza di serie tv e spot pubblicitari ha fatto fortuna in Francia – salta decisamente il passaggio intermedio e gira un film con gli stessi espedienti della fiction catodica.
Questo approccio smaccatamente televisivo è evidente fin da subito: nelle esacerbanti enfatizzazioni sceniche, negli inutili condimenti musicali, nell’esasperato montaggio a ritmo di “spot narrativi”; cioè in tutto ciò che è possibile usare nella fase post-produttiva pur di tappare le falle a un plot che non riesce mai veramente a decollare.

L’intreccio in cui Marano vorrebbe imprigionare lo spettatore si trasforma ben presto in un “groviglio”, annodando qua e là una decina di personaggi senza svilupparli mai davvero (peccato, perché almeno la Maitresse interpretata da Anna Galiena avrebbe meritato più approfondimento) e sovrapponendo troppe vicende senza risolverne nessuna in maniera credibile e convincente. Tanto che Marano passa, con una finta iniziale, dal noir al giallo; poi con una capriola si gira verso l’erotismo patinato di un triangolo amoroso; infine cercherà (non riuscendoci) di sfiorare un livello quasi melodrammatico. Questo frullato un po’ improvvisato di generi, con la complicità della povertà espressiva dei dialoghi, finisce per soffocare la storia stessa in un calderone fumoso, scoperchiato il quale ci si accorge che in realtà Marano sta cucinando solo un brodino.
L’intenzione (ambiziosa) di rappresentare una società in cui più o meno tutti sono pronti a prostituirsi pur di raggiungere il loro scopo cozza in modo quasi grottesco con l’uso smodato di stereotipi: dal borghese che ovviamente passa metà film nella piscina di casa (come uno squalo, si dirà) al commissario un po’ marxista che scrive nel tempo libero romanzi d’amore. Se in più ci infiliamo la prostituta torbida che ha il fardello di innamorarsi senza speranza (donna di tutti e quindi “donna di nessuno”) siamo decisamente arrivati al capolinea dei cliché.

In definitiva il “non-cinema” di Marano risulta incapace di sfruttare a pieno le potenzialità che pure covava il soggetto e il cast di prima scelta che aveva a disposizione. Navigando senza meta per più di novanta minuti finirà per naufragare con la stessa intensità con cui intendeva invece elevarsi.
Al di là delle alpi, dove incidenti di percorso simili si contano ormai sulle dita di una mano, il film di Marano è stato respinto a furor di popolo e di critica. Non è detto che succeda anche qui da noi: nell’Italia appassionata agli intrecci fra sesso e potere di Villa Certosa e dove le distanze fra tv e cinema sono sempre più ravvicinate, La donna di nessuno potrebbe perfino circondarsi di un pubblico vagamente compiaciuto.

Curiosità
Il soggetto nasce direttamente dal racconto, Histoire d’une prostituée di Clara Dupont e a collaborare alla sceneggiatura, oltre alla Dupont stessa, è stata anche l’attrice protagonista Candice Hugo.

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