Una coppia da doppio gioco
Duplicity è l’ennesimo film di spionaggio immerso nelle tinte dell’ironia e della commedia. Insomma nulla di nuovo sotto il sole di New York, Londra e Bahamas, con il consueto giro di luoghi ultra-alla-moda, innaffiati dallo stile cool che Julia Roberts sembra essersi portata con sé sulla scia dei vari Ocean’s 11 e 12 e che vede in Clive Owen il perfetto corrispettivo maschile. Il film, però, regge oltre le (basse) aspettative di un prodotto del genere, grazie a un buon ritmo e, soprattutto, alla chimica della coppia: i dialoghi nel gioco d’amore e spie sono uno dei punti di forza e funzionano pur non essendo certo partoriti da un genio alla Woody Allen o alla fratelli Coen. L’effetto comunque può richiamare alla mente il ricordo (qui in versione sbiadita) della coppia Clooney-Zeta Jones di Prima ti sposo, poi ti rovino). La novità dello spionaggio industriale rispetto ai “soliti” agenti di CIA, FBI e simili, inoltre rappresenta comunque una interessante variazione sul tema.
Per di più il film può giocarsi delle ottime carte nei ruoli di non protagonisti: Paul Giamatti e Tom Wilkinson sono perfetti nell’impersonare i due capi delle aziende cosmetiche rivali. I titoli di testa sono impreziositi proprio da un’esasperata slow motion dei loro volti, immortalati durante una furibonda litigata sotto un cielo grigio con pioggia incipiente. Le loro espressioni ci fanno capire da dove probabilmente prenderanno spunto i disegnatori della Dreamworks per i prossimi mostri da digitalizzare.
Tony Gilroy torna sul tema spy story dopo aver diretto il sopravvalutato Michael Clayton. Se si pensa alla sua amicizia con Steven Soderbergh si può supporre che – forse – nelle scelte degli attori (Clooney per la prima opera, Roberts nella seconda) sia stato affiancato proprio dal suo “padrino”. Per Duplicity il regista, già sceneggiatore del tris di Bourne, si affida al gioco (ormai sdoganato al pubblico di massa dalle serie televisive) dei flashback, con i quali racconta il passato dei protagonisti, inframezzando lo sviluppo narrativo della storia. Un importante sostegno arriva infine anche dalla colonna sonora, che assume quasi le sonorità di un tango. Quello ballato dalla coppia di protagonisti, in realtà, è destinato ad allargarsi e a diventare la danza di due compagnie disposte a tutto per schiacciare quella rivale. A suon di spionaggio e controspionaggio, di doppi, tripli e quadrupli giochi. E forse l’unica cosa vera che rimane alle due spie è il fatto di poter amare solo chi si conosce davvero.
Curiosità
Non è Julia Roberts ad apparire nuda di schiena nella camera d’albergo a Roma, bensì una controfigura. Non si nota infatti il grosso neo che l’attrice ha sul dorso, oltre al seno prosperoso. Nelle scene girate a Roma, Clive Owen si lamenta della mancata sveglia nell’albergo: «Siamo in Italia». È un riferimento alla presunta (o proverbiale) inefficienza italiana.
A cura di Claudio Garioni
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