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La meglio storia di Giordana

La sala quattrocento del cinema Anteo era gremita di gente, ad indicare che l’attesa per questo film era davvero tanta (e non sono molte le anteprime che hanno un pubblico così consistente). Certo La meglio gioventù ha fatto molto parlare di sé prima ancora di essere stato visto per la sua storia travagliata, nato come fiction televisiva prodotta dalla Rai e nascosto poi nel cassetto. Presentato quindi all’ultimo festival di Cannes, il film è stato premiato nella sezione Un certain regard e immesso nel circuito cinematografico.
Questa era la storia che correva sulla bocca di tutti, questo era quanto tutti già sapevano e che suscitava una grande curiosità. L’atmosfera era ancora più eccitante per la lunga maratona che si prospettava: tre ore di visione, pausa buffet, altre tre ore abbondanti di film e poi il dibattito con il regista, Marco Tullio Giordana, Luigi Lo Cascio e altri attori del film.
Marco Tullio Giordana
Inizialmente Giordana svela qualche retroscena inedito sul film. Racconta di aver ricevuto una proposta di sceneggiatura, scritta da Rulli e Petralla, e di aver accettato di girare la fiction prodotta da Angelo Barbaglio (lo stesso produttore che ha firmato La stanza del figlio di Moretti). Il film ha richiesto un anno di pre-produzione, 6 mesi di riprese e un anno per il montaggio. La RAI non ha creato particolari ostacoli al regista e al produttore, forte il primo del successo dei Cento passi e il secondo di quello dello Stanza del figlio; ha comunque operato un taglio del 6% del prodotto finale (era previsto un personaggio in più che poi è stato escluso).

Non mancano ovviamente le frecciatine alla RAI e alla politica italiana “Non ho capito perché non l’hanno voluto mandare in onda. La politica è come avere paura della propria ombra. Il compito del film non è quello di rovesciare i governi. Quello è compito vostro, con i vostri voti”. Alla domanda sul perché dell’ambientazione di una parte del film a Stromboli, Giordana risponde così: “Avevo il sospetto che il vulcano potesse eruttare. L’Italia subisce senza ribellarsi un regime insostenibile, mi sembra che oggi in Italia l’unica forma di ribellione siano le catastrofi naturali. Speriamo che diano il buon esempio”.
Luigi Lo Cascio

Quindi il dibattito scivola sul film, sui suoi personaggi, sui grandi temi che porta, primi fra tutti la vita e la Storia. Chi critica il regista di non aver sufficientemente approfondito la storia e la politica italiana si sente rispondere così: “Aborrisco il cinema come racconto di storia noiosa. Il cinema deve raccontare i sentimenti, le persone. I giornali sono già pieni di storia. La grande storia esiste solo in relazione ai personaggi, solo nel momento in cui tocca le loro vite. La storia diventa importante per lo spettatore solo se lo è per i personaggi. La storia dice anche che si tratta di personaggi veri. I francesi si sono emozionati per i personaggi, non per la storia, perché ai francesi, ai tedeschi, agli americani, non può interessare la tal manifestazione a Torino per le strade come a noi italiani.”

La parola passa poi agli attori, primo fra tutti Luigi Lo Cascio: “Il film mi ha dato l’opportunità di diventare attore-natura. Davanti alla macchina da presa da soggetto ci si lascia essere cose in mezzo alle altre. Questo film mi ha insegnato che le cose più difficili sono le più vicine; che non bisogna rimandare le questioni importanti con le persone care. Il tempo va giocato subito. Il personaggio di Nicola mi ha insegnato la curiosità, l’ascolto per gli altri, che è poi la più grande somiglianza fra la professione del medico e quella dell’attore.”

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