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cultura dell'immagine e della parola

Una mascotte del nostro cinema

Com’è avvenuto il suo incontro con il cinema, con Cinecittà?

Non sono stato io a incontrare Cinecittà, è stata Cinecittà a incontrare me. Tutto è cominciato da un incontro con Monicelli, per strada. In seguito lui mi ha contattato, mi ha convinto e così ho cominciato a lavorare nel cinema: nel 1957 con “I soliti ignoti”. Attualmente sono in attivo di 154 film oltre al teatro.


Che ricordo ha del film? Vi aspettavate il successo enorme che ha riscosso?

Nessun attore si aspetta un risultato positivo da una pellicola o da uno spettacolo teatrale. Lo si sa dopo.
Io ho avuto la soddisfazione di riuscire, pur venendo dal niente, a farmi un nome, ad avere successo: continuando a lavorare per quarant’anni. Sono cose che costruisci giorno dopo giorno, senza starci troppo a pensare: non tutte le ciambelle riescono col buco. Per fortuna la mia è riuscita giusta. Mi è andata bene, insomma.


Non solo fortuna, se si ha una carriera lunga più di quarant’anni…

Devo tutto a Mario Monicelli che mi ha lanciato con “I soliti ignoti”, poi sono andato avanti per quarant’anni rimanendo, ancora oggi, in piedi: comincio un film tra un mese dove faccio un ruolo che non ho mai fatto, il prete, e tra breve sarò a teatro con “La Mandragola” insieme a Nino Castelnuovo. Insomma, ancora impegnatissimo.


Lei ha lavorato con grandi attori. Che ricordo ha delle sue collaborazioni?

Io ho lavorato con i più grandi attori che mi tenevano come una mascotte. Tutti: Gassman, Sordi, Mastroianni. Devo tutto anche a loro che mi sono stati vicino, mi hanno dato tutto il loro appoggio artistico, mi hanno insegnato come si doveva comportarsi un attore. Non posso che continuare a ringraziarli con affetto e con dispiacere quando vengono a mancare nella mia vita. Non posso non ricordare Alberto Sordi con cui ho girato due film molto belli come “La grande guerra” e “Costa azzurra”, ma i nomi sono tanti: Gassman, Mastroianni, Ferzetti, Amedeo Nazzari. I più grandi. Ho lavorato anche all’estero, in Francia, Inghilterra: in Italia o all’estero sono sempre in piedi. Fino ad adesso, poi si vedrà.

Il ricordo più bello della sua carriera?

La sorpresa de “I Soliti ignoti”: nessuno prevedeva un successo simile. Un film di cui ancora oggi sia la critica che il pubblico parlano con entusiasmo. Un successo che ancora oggi mi riempie di felicità.
Devo aggiungere che appena uscito molti furono i pareri negativi, parole durissime non solo per noi attori, ma anche per il regista. Poi, passata una settimana, tutti a scrivere che era un capolavoro, un’opera d’arte. Ci avevano ripensato. Anche grandi nomi: Gian Luigi Rondi scrisse una critica micidiale e dopo una settimana tutto rettificato. Voglio aggiungere una cosa: il cinema mi ha coccolato, mi ha lusingato, ma mi ha dato anche grandi delusioni.Mi ha cambiato la vita e i cambiamenti possono essere delle grandi sofferenze.


Anche un cambiare in positivo: è il rovescio della medaglia.

È come il primo amore: uno è innamorato pazzo e poi, di colpo, finisce. Si soffre, si trova un’altro amore… ma il ricordo del primo non si cancellerà mai, la sensazione di aver perso qualcosa per sempre ci accompagnerà per il resto della vita. Non se ne andrà più.

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