Il bambino indiavolato che sussurrava ai delinquenti
Il cinema horror ha proposto spesso il tema del bambino indiavolato. Si pensi a Omen (The Omen, 1976) e al suo remake (id., 2006), ma anche al cattivissimo Macaulay Culkin ne L’innocenza del Diavolo (The Good Son, 1993), giusto per fare un paio di esempi. Insomma, il cinema non è nuovo a questo sottotema del genere horror e per approcciarlo sarebbe meglio avere qualcosa da dire a riguardo. Il respiro del diavolo invece non aggiunge e non toglie niente, ma continua a ripetersi e a barcamenarsi nel vuoto di una storia che vorrebbe essere terrificante, ma che finisce per essere noiosa e ripetitiva.
Il bambino in questione si chiama David – casualmente un nome biblico – ed è in grado di sussurrare cattivi pensieri nella mente delle persone a lui non gradite, cosa che immancabilmente compie ai danni della scalcinata banda di delinquenti che lo ha malauguratamente rapito, nemmeno per iniziativa personale, ma al soldo di un misterioso mandante. Ma se non bastassero i sussurri, David è anche in grado di disegnare il futuro e ha per aiutante un branco di grossi lupi neri. Ovviamente il rifugio dove viene portato dai rapitori è proprio nel bel mezzo di un folto bosco, tanto per rendergli la vita più facile, con tanto di lago ghiacciato. La lettura del film è facilmente associabile a banali paure sulla maternità e sull’essere genitore, tanto che la protagonista non può avere figli, ma li vorrebbe tanto. A questo va poi aggiunto il colpo di scena finale, questo perlomeno ben riuscito, che sostiene appieno questa teoria. Insomma un film di cui non sentivamo la mancanza e che avrebbe anche potuto non essere distribuito in Italia a seguito del flop in Usa nel 2007.
Eppure Il respiro del diavolo gode di un meritevole punto di interesse per l’affezionato pubblico delle serie tv. I protagonisti principali, infatti, sono il Sawyer di Lost e la Sara Tancredi di Prison Break. Inoltre, i disegni del bambino ricordano molto quelli di Isaac Mendez in Heroes. Gli amanti del cross-over andranno in brodo di giuggiole, divertendosi nell’immaginare impossibili connection tra queste tre serie tanto diverse. Se poi vogliamo trovare altri motivi per recuperare questo inutile horror, va detto che gli occhi vogliono sempre la loro parte e qui ce n’è per tutti i gusti: le signorine potranno ammirare la tartaruga di Sawyer in versione grande schermo, e i giovani uomini devono sapere che la bella rossa di Prison Break si concede una scena di doccia, un po’ castigata per la verità, ma molto eloquente.
Certo, il cinema è un’altra cosa, per non parlare poi dell’horror che dovrebbe essere proprio un’altra cosa. Eppure se questi motivi possono essere sufficienti, allora, buona visione.
Curiosità
Il regista del film avrebbe dovuto essere il belga Erik Van Looy, che si è ritirato dopo un paio di settimane dall’inizio della lavorazione.
A cura di Sara Sagrati
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