Occhi puntati sulla morte
In Italia il cosiddetto cinema “di genere” non esiste più da tempo, almeno due decenni di oblio che hanno relegato il fantastico e il gotico-horror in nicchie ormai vuote. In questo scenario lunare, ecco emergere l’ultima opera di Stefano Bessoni, regista quarantenne affascinato dal mondo fiabesco della tradizione europea. Sull’onda della rinascita del cinema spagnolo all’insegna dell’horror visionario e onirico di Guillermo del Toro e Alejandro Amenàbar, Bessoni propone al pubblico italiano una ghost story che mette al centro l’ossessione per la visione, l’immagine e il rapporto di queste con il reale.
Ciò che lo spettatore vede è premonizione che si disvela e prende forma progressivamente, all’avvicinarsi dell’immagine perfetta, dell’attimo vivo che cattura una duplice morte. La passione del regista per il mondo scientifico, e in particolar modo per la zoologia, è una presenza costante per tutto il film: filtra attraverso un’immaginaria lente di microscopio animali e insetti morti, fino alla sublimazione dell’immagine “anatomica” della morte umana, impressa su un occhio altresì umano, quella thanatografia che ossessiona i protagonisti della storia, catturati dal fascino dell’impossibile. Questa ossessione cattura anche gli spettatori, che con occhi spalancati e avidi prendono parte alla visione, tralasciando particolari che scivolano in secondo piano quali un doppiaggio un po’ arrancante e una sceneggiatura a tratti ingenua. Ciò che cattura è un uso sapiente della fotografia, parte integrante della narrazione ed elemento narrativo allo stesso tempo, capace di rendere concreto e reale ciò che sembra solamente impresso su una pellicola, ma altrettanto in grado di realizzare il processo contrario con perfezione assoluta.
Da menzionare la presenza contemporanea sullo schermo di Geraldine Chaplin, nei panni dell’ossessionata Contessa Orsini, e della figlia (e nipote del grande Charlie) Oona Chaplin che interpreta la protagonista Arianna, giovane volto emergente e ultima erede di Charlot. Purtroppo però la compresenza delle due attrici non basta a far uscire il film da una certa mediocrità che nel complesso caratterizza gran parte della narrazione.
A cura di Enrico Bocedi
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