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Una nuova tortura

Una nuova tortura

Chiariamo subito una cosa: se non avete mai visto nemmeno un episodio della saga di Jigsaw, è inutile che partiate da quest’ultimo. Prima di tutto perché la trama vi parrebbe quantomeno sconclusionata (lo è, ma chi ha seguito i quattro precedenti un vago filo logico ha imparato a scorgerlo lo stesso), e poi perché non ha senso impegnarsi con una serie quando questa è ormai colata a picco, perdendo lo spirito iniziale e bruciando qualsiasi buono spunto si fosse fatto intravedere in precedenza. Detto questo, immagino che a leggermi siano rimasti solo i veri aficionados, quelli che il culto dell’enigmista se lo sono coltivato fin dall’inizio, film dopo film (e almeno dal terzo in poi, delusione dopo delusione). Perfetto. Ragazzi, è proprio a voi che volevo arrivare, perché vi devo dare due notizie, una cattiva e una pessima.

La notizia cattiva è che Saw V rappresenta il punto più basso dell’intera serie. Tutto quello che poteva avervi fatto innamorare di Jigsaw è andato definitivamente smarrito. Il magnetico Johnatan Kramer, presente ormai solo in qualche flashback, ha ceduto il posto a un bietolone espressivo quanto il Monte Rushmore, le gloriose trappole “etiche” sono diventate banali strumenti di tortura e – quel che è peggio – a fare la parte dell’eroe c’è Luke di Una mamma per amica, che tra l’altro è identico per fattezze, corporatura e mancanza di espressività al bietolone di cui sopra (scelta inopinata da parte del direttore del casting, a mio parere). Spiace dirlo, ma qui si posa la lapide su un bel capitolo della storia dell’horror il cui filone si è irrimediabilmente esaurito. Il perché è anche piuttosto semplice da capire: la grandezza di Jigsaw stava tutta nella sua condizione di malato terminale che insegna agli altri a vivere. Ora che lui è morto, e che il suo posto è stato preso da personaggi secondari come (nell’ordine) Amanda e questo nuovo detective Hoffman, tutto il pathos è andato dissipandosi. Con in più l’aggravante dell’accanimento (terapeutico?) con cui gli sceneggiatori cercano di aggiungere nuovi tasselli a una storia che a rigor di logica avrebbe dovuto concludersi al terzo episodio.

Questo, però, ci porta diretti alla pessima notizia: presto arriverà anche Saw VI. Il finale aperto del quinto lo lascia intuire e voci interne all’ambiente lo confermano (anzi, pare che il sesto sia già in fase di produzione). Lo so io e lo sapete anche voi; questo significa che tra un annetto circa sarò qui a scrivervi le stesse considerazioni, solo elevate a un ulteriore grado di mestizia. E voi sarete lì, dall’altra parte dello schermo, a leggerle con una certa apprensione mentre vi abbottonate il cappotto e controllate l’orario dei mezzi per arrivare in tempo al cinema. Perché la fregatura in fondo sta tutta qui, nella malsana forma di dipendenza che si è creata tra i veterani della saga – che ormai vivono l’appuntamento in sala come una forma di dovere – e la saga stessa (la più vista nella storia dell’horror), libera di andare allo sfascio potendo contare comunque su uno zoccolo duro di fan che non molleranno mai. Come in una trappola dei bei tempi andati, non c’è modo di uscirne se non soffrendo e rinunciando a qualcosa di sé.

Curiosità
David Hackl, qui all’esordio come regista, è stato in precedenza scenografo di tre episodi della saga e regista delle seconde unità per Saw III e IV. A lui è già stata affidata la direzione del sesto film della serie.
Fin dal suo primo capitolo, Saw si è legato alla Croce Rossa per la campagna promozionale “Danne finché fa male”, volta a incentivare presso i fan la donazione di sangue. Grazie a questa partnership, sono state effettuate nel corso degli anni decine di migliaia di trasfusioni.

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