Nubi di ieri sul nostro domani odierno
Un film intelligente e raffinato che rimane in sala nemmeno una settimana. Uno scandalo annunciato? E’ pur vero che il formato del film, che è filologicamente quello del muto, l’1:43:1 (4:3), richiede un apposito mascherino in dotazione solo nelle cineteche, e le sale normali sono tecnicamente impreparate: il problema è emerso recentemente con i film di Paolo Benvenuti, Segreti di stato (2003) e Gostanza da Libbiano (2000) e con la riedizione di Aurora (Sunrise: A Song of Two Humans, Friedrich W. Murnau, 1927), ma anche con Elephant (id., Gus Van Sant, 2003). Questa difficoltà di proiezione dà un’idea di quello che è stato il lavoro tecnico per realizzare Dr. Plonk, concepito per essere fatto, in tutto e per tutto, come i film muti. Girato con una vecchia macchina da presa a manovella, con dei funamboli come interpreti in grado di restituire la fisicità delle commedia slapstick, e con l’uso di vecchie pellicole.
Il lavoro più estremo finora, che sia mai stato tentato in questa direzione. Sicuramente c’è un accuratezza filologica nel ricostruire un film d’epoca, che non era presente nell’altro muto realizzato in epoca recente, Juha (id., Aki Kaurismäki, 1999). L’operazione è molto diversa anche rispetto a Zelig (id., Woody Allen, 1983), un’altra grande operazione del genere. Per dare l’illusione dell’opera datata, Allen e il suo direttore della fotografia, Gordon Willis, avevano maltrattato le pellicole per simulare l’usura del tempo. De Heer non fa niente di tutto ciò. Il suo è un film muto senza nemmeno una scalfittura, come se gli spettatori fossero portati, a loro volta, indietro nel tempo e vedessero il film in sala, appena sfornato. O come se fossero spettatori di una cineteca che assistono a un’opera perfettamente restaurata.
Ci si può chiedere quale sia il fine di un tale lavoro maniacale. Solo un puro divertissement fine a se stesso? Semplicemente un’operazione retrò? No, perché il film parla del presente, di un mondo che sta in bilico sull’orlo della catastrofe ecologica. Le scene ambientate nel 2007 sono realizzate in modo sensibilmente diverso rispetto al resto del film. Sono le uniche a essere fotografate con un bianco e nero non contrastato, che rendono un senso naturalistico, che si contrappone all’estetica irreale, quasi espressionista, del finto film muto. Costituiscono dei momenti di realtà in un contesto palesemente irreale. E sono un monito per il nostro stile di vita, che viene lanciato dal grottesco Dr. Plonk.
«La scienza è una questione di leggi fisiche. Le invenzioni sono idee che vengono messe in pratica. Le immagini in movimento sono una sintesi di quei principi». Questa è la saggezza del Dr Plonk.
Curiosità
Leggenda vuole che il film sia stato concepito dall’eccentrico (basta vedere la filmografia) regista, quando scoprì 20.000 piedi di vecchi pezzi di pellicola vergine nel frigorifero nel suo ufficio. E gli si accese la lampadina.
A cura di Giampiero Raganelli
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