Uno per uno
“Non ci può essere grandezza senza semplicità”. È la frase di chi un po’ di esperienza nel raccontare storie ce l’aveva, un certo Lev Tolstoj. Deve averlo letto John Carney, già bassista dei The Frames e ora regista dello splendido Once, piccolo film proveniente dall’Irlanda e già rivelazione prima al Sundance, dove ha vinto il premio del pubblico, e poi agli Oscar, dove si è aggiudicato il premio per la miglior canzone. Perchè proprio le canzoni sono il perno attorno a cui ruota tutto il film.
Si tratta infatti di una vero e proprio musical, perchè la vera comunicazione tra i protagonisti avviene tramite le loro canzoni, che rientrano sempre nella narrazione in maniera diegetica. I personaggi interpretati da Glen Hansard e Markéta Irglová non hanno nome, perchè parlano e vivono tramite le canzoni che scrivono. Amano persone lontane da cui sono stati lasciati e iniziano una personalissima storia d’amore. Non hanno alcun contatto e le loro parole non rendono mai giustizia ai sentimenti che provano. Sono le canzoni a farlo. Once è un film romantico al cento per cento, e la bravura di Carney sta proprio nel riuscire a rimanere nel genere senza cadere mai nello stucchevole. Lo fa grazie a uno stile estremamente semplice e lineare: camera a mano, luce naturale, attori non professionisti. E tutto funziona a meraviglia. Hansard, che dei The Frames è il cantante e la Irglová, che di Hansard è la compagna nella vita reale, sono perfetti proprio per la loro autenticità, oltre che per la loro straordinaria bravura compositiva.
Il regista ha detto di rifarsi soprattutto al neorealismo italiano e alla nouvelle vague francese. Del primo ha infatti preso l’onestà narrativa e del secondo la freschezza intellettuale: complimenti.
Curiosità
Il film è costato poco più di 150.000 euro e ha incassato oltre cento volte questa cifra, vincendo premi in quasi tutti i Festival a cui ha partecipato: oltre al Sundance, tra gli altri, in quelli di Dublino, Flanders e Mons.
A cura di Alberto Brumana
in sala ::