Cinema a testa in giù
Che il mondo di Terry Gilliam avesse regole proprie lo avevamo già constatato ai tempi del mirabolante umorismo dei Monty Python, di cui Gilliam ha conservato un forte amore per l’assurdo e per la provocazione. Tideland è necessario per comprendere come il mondo capovolto di Terry sia un’emanazione matura di un preciso punto di vista autoriale capace di conservare l’innocenza e l’ingenuità di un bambino.
Come un’Alice nel paese delle meraviglie a tinte fosche, Jeliza-Rose vive in mondo incompreso e incomprensibile, un luogo in cui lei, bimba cresciuta troppo alla svelta, deve confrontarsi con chi non ha mai raggiunto la maturità a causa della perfidia altrui, dove un bacio sulle labbra tra una bambina di dieci anni e un uomo adulto può essere il più casto degli atti d’amore, lontano da ogni pedofilia.
La tana del bianconiglio è ormai un luogo mitico, una caverna di Platone in cui nascondere segreti meravigliosi e terribili, come lo stesso Lewis Carroll faceva. Non c’è peccato perché non c’è coscienza del bene e del male in questo luogo fatto di colori straordinari, prospettive sorprendenti e immagini stupefacenti. Terry Gilliam continua a stupire attraverso le sue visioni folgoranti, anche quanto tocca tasti dolenti e tabù come l’abuso dei minori, che in Italia è detestato in modo bigotto dal mondo della distribuzione (vicenda analoga accadde per lo splendido e terribile Misterious Skin di Greg Araki).
Il cinema di Terry Gilliam è nel suo complesso un mondo capovolto, fatto di grandi spazio aperti dove lisergici cavalieri combattono contro mulini a vento o pipistrelli giganti. Dall’incompiuto Don Chisciotte a Paura e delirio a Las Vegas, poco importa se a cavallo di un ronzino o di una decappottabile rossa, ciascuno vive secondo le sue leggi autodeterminate. La piccola Jelize ha nei suoi occhi l’innocenza del piccolo Bruce Willis di L’esercito delle 12 scimmie (1995) mentre assiste alla morte del suo alter-ego adulto, l’incoscienza di chi non si pone domande sull’assurdità del mondo ma è capace di cogliere la magia che esso trasmette. Non a caso i film di Gilliam sono stupefacenti nell’essere palesemente falsi tanto quanto le mirabolanti avventure raccontate dal Barone di Munchausen.
In ogni inquadratura girata da Gilliam è perfettamente riconoscibile la sua matrice autoriale, traboccante di simboli onirici e di immagini che colpiscono nell’intimo, lasciando lo spettatore a bocca aperta, incosciente del fatto che si tratti di stupore o del riflesso di un duro pugno nello stomaco. Molti storcono il naso solo per il fatto di aver osato avvicinarsi ad uno degli ultimi sacrilegi ancora ritenuti tali, le regole di un mondo capovolto permettono di superare i tabù senza violare le regole imposte dall’etica, e questo non è poco.
A cura di Carlo Prevosti
in sala ::