Specchietto amaro
Il cemento armato è il materiale di cui è fatto il regno metropolitano del Primario, un boss malavitoso che spadroneggia a suon di violenza in una Roma assolutamente irriconoscibile e lontanissima dall’immagine ormai classica che il cinema le ha costruito intorno (se non fosse per la provenienza inconfondibile della maggior parte degli attori). Per uno spietato gioco del destino, la vita di quest’uomo cinico e senza scrupoli che controlla affari “sporchi” come prostituzione e traffici di droga si intreccia con quella di un ragazzo qualunque, Diego,che vive di espedienti e che una mattina decide di fare una di quelle bravate tipiche della sua età: rompere gli specchietti delle auto imbottigliate nel traffico.
Tra quelle auto c’è però sfortunatamente anche la Mercedes nuova del Primario che, ossessionato dal controllo di tutto ciò che avviene nella “sua” città, è deciso a farla pagare in modo esemplare al teppistello e si mette sulle sue tracce. Una formica che si ribella al sistema deve essere schiacciata senza pietà, altrimenti che succederà se a insorgere saranno i “pesci più grossi”? Questa sembra la giustificazione per una ricerca che si fa ben presto ossessione insensata, folle, senza respiro. Lo spettatore si renderà conto, sconcertato, di come un futile pretesto possa innescare una tragedia, attraverso un processo a reazione che una volta scatenato non si può più arrestare. L’obiettivo di tenere lo spettatore incollato alla poltrona fino all’ultimissima inquadratura, fino ai sospirati titoli di coda, è perfettamente riuscito, grazie al ritmo serrato tipico del genere poliziesco e a inattese esplosioni di violenza che in alcuni casi sono però ingiustificate e del tutto evitabili. Già da questi pochi spunti della trama si percepisce che questo film è altro dalla solita commedia all’italiana a cui il nostro cinema sembra non saper rinunciare facilmente, o se lo fa ciò avviene sempre con una certa malcelata sofferenza. Il tentativo dichiarato dagli stessi autori, Marco Martani e Fausto Brizzi, che tornano a lavorare insieme ma a ruoli invertiti rispetto a Notte prima degli esami 1 e 2, (Martani è il regista e Brizzi è sceneggiatore, coadiuvato però da Martani e da Luca Poldelmengo) è quello di richiamarsi all’idea di cinema di genere, definizione coniata ad hoc per il cinema hollywoodiano ma che aveva vissuto un periodo d’oro anche in Italia, soprattutto tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta. In particolare, Cemento armato cerca di richiamarsi al noir e al gangster movie, ma in certi casi lo scimmiotta soltanto, non riuscendo completamente nell’intento che seppur ammirevole, non è ancora totalmente maturo.
Per quanto riguarda il cast, vediamo come dai banchi e dalla cattedra di Notte prima degli esami il trio Giorgio Faletti, Nicolas Vaporidis e Carolina Crescentini sia prepotentemente catapultato nella violenza di una vera e propria jungla metropolitana, in cui la sfida non è più finalizzata a strappare un diploma ma è una sfida per la sopravvivenza senza esclusione di colpi. Mentre la coppia romantica Vaporidis – Crescentini supera la prova e dimostra un’accresciuta maturità attoriale, misurandosi in ruoli cupi e fortemente drammatici, fallisce Giorgio Faletti, troppo inespressivo e incapace di regalare al suo personaggio sfumature che esulino dalla freddezza dei suoi occhi di ghiaccio.
A cura di Caterina Danizio
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