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cultura dell'immagine e della parola

L’amore bucolico

L’amore bucolico

Il cinema di Rohmer, sempre con l’occhio puntato all’intimità dei rapporti, alle dinamiche relazionali, allo studio dei tempi e degli spazi come codici comunicativi dell’esistenza umana, in questo ultimo film subisce una variazione. Il maestro della Nouvelle Vague vira verso mondi lontani e passati e proietta la sua vicenda addirittura al tempo dei druidi, durante il V secolo.

Gli amori e le sofferenze di Astrée, la giovane e bella pastorella, e del suo innamorato Céladon, pronto a fare di tutto pur di stare con lei, sono il nucleo del romanzo di Honoré d’Urfé del XVII secolo, dal quale Rohmer estrapola le atmosfere bucoliche, il gusto dell’equivoco, il desiderio di riscatto, l’immancabile gelosia e una buona dosa di velata sensualità. Il film scorre morbido sui volti dei protagonisti, insegue i corpi vellutati, le ombre degli alberi e i rumori della natura attraverso una studio semplice (mai banale) e pittorico dell’inquadratura. Si assapora la voglia di uscire dai canoni del cinema spettacolare costruendo qualcosa che oggi non ha niente di spettacolare.
Eppure tutto è finto, teatrale e lirico; tutto scorre senza intralci, privo di stonature; tutto viene detto dall’immagine che ha solo contorni finiti. E proprio in questo equilibrio e rigore formale si intravede la missione di Rohmer che non si lascia sfuggire il suo obiettivo, cioè il racconto della relazione. Una scelta coerente, libera e, come sempre, solitaria, che riesce a stuzzicare e incuriosire.

Un viaggio nel tempo e nel cinema, oltre che un viaggio nell’amore che nonostante venga tradotto, ricollocato e raccontato in modi nuovi, è sempre lo stesso. Infatti lei pensa che lui l’abbia tradita e allora lo lascia, lui si dispera e si vuole suicidare, ma quando lo fa le Ninfe lo salvano, lui giura di non tornare mai più da lei, ma l’amore è più forte di tutto e allora lui si traveste da donna e torna da lei. Insomma una storia d’altri tempi, assolutamente raccontata con un punto di vista innovativo. Una visione nuova, proprio perché antica e superata. Quasi una visione morale del cinema. O anche un tentativo, sperimentale e divertito, di poesia. Ad ogni modo, un’esperienza diversa e pura, o anche purificatrice.

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