Last minute MaraKKitsch
Entriamo nella sala. La sala è deserta. Per un film generazionale succhia-botteghino come questo già non è un bel segnale. Ti viene in mente allora l’assurdo pensiero che forse si tratta di un film generazionale colto, un road movie diverso (visto il titolo, sai già un pò quello che ti aspetti…) e azzardi addirittura l’ipotesi che il pubblico sia crudele.
Poi il film inizia e capisci che è tutto molto peggio di quello che ti saresti mai potuto aspettare.
Vedi Nicolas Vaporidis che dorme con una mascherina sugli occhi e l’ansia sale (almeno in Notte prima degli esami faceva lo sfigato ed era simpatico, qui è un mirabile deficiente che pronuncia in definitiva solo due parole: marijuana e figa). Trovi Lorenzo Balducci che interpreta il ruolo del ragazzo bello ma bloccato con le ragazze, una vera novità assoluta nel panorama delle commediole italiane (ovviamente è ironico..) e ti becchi un Daniele De Angelis, che dopo Ma che ci faccio qui! (Francesco Amato, 2006) praticamente ha deciso di recitare sempre lo stesso ruolo fin quando, ovviamente, riuscirà ad avere i brufoli e l’aria da verginello sfigato. Mastrandrea sembra credibile, ma poi precipita su se stesso (non può farci davvero nulla il mitico Valerione), la Cucinotta fa capire perfettamente che non è mai stata un’attrice e c’è anche Dionisi che, si vede proprio, ha bisogno di soldi (uno come lui non può accettare un ruolo del genere..)
I luoghi comuni si sprecano: giovani senza famiglia alle spalle, con tanta voglia di sesso e droghe leggere, prendono i bagagli e fuggono via.
Qui nessuno vuol fare del moralismo e sparare a zero sul fancazzismo adolescenziale, in fondo noi tutti siamo stati e siamo un po’ come loro.
Ma ci tocca fare delle precisazioni cinematografiche, o quanto meno di critica autoriale. Questo cinema italiano che si plagia su se stesso e propone, con volti diversi (escluso De Angelis, lui c’è sempre) e viaggi sempre più esotici, in fondo, la stessa boiata di sempre, è veramente una noia.
Che ne sarà di noi?, Mai più come prima, Ma che ci faccio qui! sono i noti antesignani di questo Last minute Marocco, che davvero non aggiunge niente di nuovo e davvero non mostra niente di interessante.
Ah dimenticavo.. in sala nessuno ride. Ma come si potrebbe d’altronde? Si sente un marocchino che biascica il romano e non azzecca una gag, nulla è originale e per giunta alla fine un locale di Marrakech sembra l’Atlantique di Milano. Vaporidis poteva trascinare pubblico con il suo bel volto e con il suo carico di milioni di euro guadagnati con il dittico di Notte prima degli esami, ma neanche questo è riuscito. Forse Last minute Marocco è davvero un caso irrecuperabile. Dispiace per il regista, che tanto aveva convinto con la semplicità e la benevola ingenuità di Emma sono io sei anni fa, ma se Caparezza dice che il secondo è sempre il più difficile, beh Francesco Falaschi ha proprio sentito in pieno l’ansia del ritorno.
Niente si può salvare, l’opera potrebbe essere solo utile per qualcuno che in questi tempi abbia deciso di farsi una bella vacanza nel Maghreb. Le geografie sono segnate molto bene e sicuramente i panorami, a differenza degli attori e della storia, convincono.
88 minuti passano (per fortuna è breve il supplizio): all’ Apollo di Milano siamo in dieci, nessuno parla. Ed è anche lo spettacolo serale, per giunta un mercoledì. Una ragazza indossa un giubbotto e tirando la zip fa un verso con la bocca che esprime smarrimento. Gelo. Ce ne andiamo e io per un attimo mi fermo dinanzi alla locandina, fissandola bene e penso. Speriamo solo che il futuro del cinema italiano non sia questo qui…
A cura di Giuseppe Carrieri
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