Connessi on line, sconnessi nella vita
Tutti con qualcosa da nascondere, yutti con un lato oscuro. Sono questi i personaggi di Perfect stranger, thriller giocato sulle sottili trame dell’erotismo e della suspence.
Fin dalle prime scene è chiaro come nessun personaggio sia totalmente positivo: non è possibile immedesimarsi nella giornalista Rowena, che emana qualcosa di respingente e scostante.
Già nelle sue prime battute si coglie più di un tratto di cinismo, che la fa apparire come una vera e propria macchina da guerra della carta stampata. E ancora, nelle sue relazioni amorose gioca il ruolo di “donna dominatrice”, con un totale distacco sentimentalmente. Più che grintosa, Rowena si rivela un’autentica pantera dagli artigli affilati, sfuggente e pericolosissima nel suo fisico strepitoso e nel suo charme dal profumo felino.
La giornalista interpretata da Halle Berry è una antieroina, e quel che è più terribile, su cui il regista invita a riflettere, è una delle tante persone connesse on line e sconnesse nella vita, in un mondo invisibile fatto di anonimato, quel mondo in cui un’inquietante voce fuori campo sussurra che “potreste perdere di vista chi siete veramente”.
In questo scenario di umanità spietata, in cui il gioco non è più “uccidi o sei ucciso”, ma “uccidi o diventi insignificante”, si indaga un mistero antico e sempre nuovo: quel misterioso inafferrabile guazzabuglio rappresentato dalla mente e dalla psiche umana.
Come una trappola perfetta Perfect stranger ci inganna e ci disorienta facendoci smarrire nell’ostentazione ossessiva e pervasiva della tecnologia: cellulari, computer, internet, chat, posta elettronica, ma i congegni elettronici sono inseriti nel contesto come perfette macchine del demonio”, e sembra fin troppo semplice riconoscere in loro il male.
Il computer è la chiave della suspence in ben due situazioni: Rowena è in pericolo quando un computer si blocca con sullo schermo l’immagine di Veronica, mentre lui le si sta avvicinando, e un altro computer è quello in cui la giornalista tenta invano di inserire un programma di spionaggio, dovendo interrompere bruscamente l’operazione quando Harrison entra nell’ufficio. E ancora sarà un cellulare a fare emergere la verità della doppia identità di Romena – Veronica.
Ma il male si rivela in realtà più subdolo, più profondo, più intrigante. E soprattutto, apparentemente non visibile.
Perfect stranger è una storia sul disvelamento dell’identità che si tinge dei colori cupi di una tragedia greca. E proprio sull’atto del vedere, così abusato da diventare sfrenato voyeurismo, il regista si concentra in maniera insistita: i titoli di testa scorrono sulle fotografie enormi e colorate di pupille dilatate, creazioni artistiche della moglie del pubblicitario. Quelle stesse fotografie ritorneranno più volte, e sembreranno essere la prova tangibile in grado d’incastrare l’omicida.
E tra le ultime immagini prima della conclusione, la macchina da presa inquadra un occhio, carico di tutta la valenza simbolica che viene ad assumere in un film amaro e graffiante come Perfect stranger.
A cura di Jleana Cervai
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