Un ponte inesistente
Tratto dall’omonimo romanzo di Katerine Paterson, libro cult – adottato come testo scolastico in tutto il mondo -, Un ponte per Terabithia racconta la storia di Jesse, ragazzino povero e solitario, rinchiuso negli affetti familiari quanto nelle ristrettezze economiche. L’incontro inaspettato con Leslie, una nuova compagna di scuola nonché vicina di casa dall’immaginazione prorompente, porterà i due amici a condividere un’avventura immaginaria in un mondo puerile di gioco e fantasia.
Il mondo di Terabithia si rivela ben poco visivamente. Molte parole, molti racconti, poche immagini. Solo una perenne idea di evasione che consolida un’amicizia e un bisogno.
Non un film fantasy quindi, come molti potrebbero immaginarsi, dato le infingarde promesse del trailer, ma una delicata quanto noiosa storia di amicizia infantile condita di elaborazione del lutto finale. Orchi, elfi e fate latitano per tutta la durata del film, a volte solo delle fugaci comparse, come a presagire un’avventura inesistente.
Perché promettere e poi non mantenere? Perché ingannare il pubblico? Tendenza fin troppo comune, specialmente negli ultimi tempi, quella di recitare a gran voce, in trailer e locandine, il contrario di ciò che realmente è.
Difficile risollevare, malgrado tutto, le sorti del film. Un ritmo lento e titubante accompagna più di un’ora e mezza di nulla. Scarsissimo pathos, anche nei risvolti più drammatici e inaspettati della storia, lacrime più finte che vere, superficialità di dialoghi e contenuti giustificata, a torto, dalla presunta semplicità dell’universo infantile. Il mondo degli adulti, come grigio ritratto del futuro che attende ogni fanciullo, risulta altrettanto vuoto.
Ennesimo buco nell’acqua per i produttori delle Cronache di Narnia, novelli pionieri di un genere fantasy che tenta ripetutamente di riadattare romanzi cult al grande schermo, fallendo ogni volta il colpo.
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