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Vendetta, tremenda vendetta

Vendetta, tremenda vendetta

La voltapagine, film scritto e diretto da Denis Dercourt, si colloca in un limbo cinematografico che può essere posizionato tra il polar (versione francese del noir americano) e il thriller femminile che da Chabrol in poi ha segnato la cinematografia francese. A differenza dei suoi predecessori, Dercourt opta per una sceneggiatura asciutta, gelida, di pochissime parole, in cui l’accumulo della tensione cresce proporzionalmente alla coscienza che lo spettatore ottiene riguardo alle intenzioni della bionda e vendicativa protagonista.

Dercourt costruisce un rapporto tra donne fatto di fiducia e tradimenti, di inganni e vendette consumate con anni di rancore sulle spalle. Il gelo che si percepisce nel film è affilato come una lama di ghiaccio che penetra nelle carni senza che vi sia alcuna percezione di dolore. La vendetta di Mélanie è un piatto che deve essere servito freddo, e forse più freddo non si sarebbe potuto.

Non siamo di certo davanti a un capolavoro di Chabrol, ma l’atmosfera tesa e cupa che aleggia nella casa di campagna in cui è ambientato il film regge senza diventare monocorde o patetica. L’incredibile caparbietà con cui la giovane Mélanie tesse la sua rete fatale è esasperata all’eccesso, ma giustificata dall’amore estremo che una persona può provare nei confronti del proprio sogno. In questo però l’animo è più vicino ai giochi pericolosi di Haneke. Forse se siil difetto dell’operazione è proprio legata all’eccessivo legame con i modelli a scapito di una certa originalità.

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