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Viaggio verso l’età adulta

Viaggio verso l’età adulta

Il cinema italiano è per sua natura endemica un cinema spesso sociale, un cinema che tende a disegnare ritratti generazionali, un cinema che racconta il bel paese attraverso le sue evoluzioni, i suoi cambiamenti, le difficoltà che incontrano le persone che lo abitano e lo vivono. E così, se la problematica generazione dei trenta-quarantenni è già stata ampiamente analizzata, scandagliata in ogni sua più piccola parte, l’attenzione oggi sembra essersi spostata verso il mondo adolescenziale, verso quella fascia di età che, con tutte le perplessità, le incomprensioni e le paure, si affaccia sul mondo adulto, spesso senza capirne le dinamiche, senza trovare immediatamente la strada in cui incanalarsi per iniziare ad affrontare un percorso di vita almeno un po’ diritto.

Da Ecco fatto (Gabriele Muccino, 1998) e Come te nessuno mai (Gabriele Muccino, 1999) a Mai più come prima (Giacomo Campitoti, 2004) fino al più recente Notte prima degli esami (Fausto Brizzi, 2005), il temutissimo esame di maturità sembra davvero rappresentare lo spartiacque tra la giovinezza, spensierata e scanzonata, e l’età matura, più riflessiva e complessa. Anche in questo esordio del ventottenne Francesco Amato, già vincitore di numerosi e importanti premi per i suoi cortometraggi, Ma che ci faccio qui!, titolo preso a prestito da un omonimo libro di Bruce Chatwin, icona mitica per eccellenza sul tema del viaggio, il protagonista (interpretato da un altro esordiente, il giovane attore Daniele De Angelis), parte proprio da una bocciatura a scuola per ribellarsi ai genitori e passare quanto meno un’estate che lo proietterà verso il “mondo dei grandi”. Un film ben fatto, che, sebbene pecchi spesso d’ingenuità e di lieve superficialità nella sceneggiatura e nei dialoghi, non mostra nessuna sbavatura; un film pulito, girato in modo semplice e consapevole, un montaggio secco e praticamente impercettibile, una fotografia realista, mai eccessiva o dirompente. Ironia e movimenti di macchina veloci, una musica coinvolgente e partecipe che spazia dai Verdena a Gianna Nannini.

Un film corale che ha disegnato personaggi semplici, i cosiddetti ragazzi della porta accanto, senza la necessità di andare a tutti i costi a ricercare situazioni disagiate o condizioni pericolose, ma con l’urgenza di raccontare la normalità della vita vissuta. E i rimandi d’obbligo vanno davvero alla sobrietà di Gabriele Muccino e all’ironia di Paolo Virzì. Un cinema medio, che non fa gridare al capolavoro ma che si differenzia e si eleva rispetto al numero di pellicole prodotte in Italia, proprio per quell’onestà intellettuale che si respira durante tutta la durata del film.

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