“Come ci piacerebbe” se…
Scambi di coppia, travestimenti e passioni amorose: un intreccio vorticoso di situazioni ed equivoci. Una lotta per il potere che si risolve “come ci piace” con un allegro lieto fine. Questi gli elementi base di As You like it, celebre commedia di carattere bucolico scritta da Shakespeare come preludio all’ancor più famosa e fiabesca La tempesta.
Come sfondo una foresta: mitica “Età dell’oro” incarnata, stato mentale, luogo dell’anima al di fuori del tempo, proiezione di un desiderio di purezza ormai dimenticato dal mondo corrotto delle Corti. Branagh (che del Bardo se ne intende) riadatta l’opera, ambientandola nel Giappone di fine ottocento, terra esotica e misteriosa. La lectio shakesperiana è dunque sempre valida: ognuno di noi può perdersi nella foresta di Arden, tutto diviene metafora di una condizione umana immutabile nel tempo.
Film piacevole senza dubbio, As You Like It dipinge perfettamente la dicotomia tra palazzo (covo di bramosie e potere) e foresta (dimora di virtù). Tutti si perdono, si incontrano, si scontrano col proprio alter ego in questo viaggio immaginario, eppur reale, ritrovando infine se stessi.
Il malinconico filosofo Jaques (Kevin Kline) affronta il suo “doppio” Tuchstone (il buffone di corte) in un sarcastico gioco condito di ironia. Rosalinda (Bryce Dallas Howard), travestita da uomo, inganna il suo innamorato Orlando a sua volta in fuga dal proprio “doppio”: il malvagio fratello Oliver. Il Duca Senior e il fratello usurpatore Friedrik, interpretati non a caso dallo stesso attore (Brian Blessed), entrambi facce della stessa medaglia, si scambiano ripetutamente di ruolo.
Tuttavia una scenografia ripetitiva che indulge a un eccessivo minimalismo e una fotografia volutamente troppo oggettiva impediscono all’opera di esprimere tutte le sue potenzialità. La foresta di Arden, più claustrofobica del palazzo stesso, diviene teatro di una storia dove il ritmo non incalza, il pathos nemmeno.
Il Verbo Shakesperiano perde di vitalità, sovrastato com’è dall’inutile tentativo di tradurre con mezzi prettamente cinematografici un testo teatrale. La pretesa di confermare l’universalità dell’opera adottando un linguaggio estetico volutamente scialbo ottiene paradossalmente lo scopo contrario: le parole del Bardo non pulsano nelle vene, non stordiscono, non insegnano come potrebbero. Welles ha trasformato lo schermo in un palcoscenico vibrante di drammatica poeticità (Otello, Macbeth). Greenaway, con spirito istrionico, ha firmato la più visionaria e geniale rivisitazione de La tempesta (Prospero’s Books, 1991). Entrambi, attraverso la propria soggettività, hanno raccontato il più puro dei Shakespere carpendone l’anima, rendendolo universale. Branagh tituba invece (come spesso suole fare) senza coraggio. Non osa fino in fondo, non racconta se stesso. Di questa indeterminatezza si pasce, di questa indeterminatezza langue.
Curiosità
Branagh ha avuto l’idea di ambientare As You Like It in Giappone durante un viaggio in estremo oriente nel 1990. Nel 2004 la HBO ha deciso di sostenere il progetto del regista. In quindici anni Branagh si è recato in Giappone numerose volte per promuovere alcuni suoi film e ne ha approfittato per compiere le ricerche utili alla realizzazione di As You Like It.
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