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cultura dell'immagine e della parola

Piccoli problemi in regia

Piccoli problemi in regia

1994. Oliver Stone gira Natural Born Killers. È satirico, allucinato, stupefacente.
1995. Gregg Araki gira Doom Generation. È grottesco, onirico, esasperato.
2006. Tony Scott gira Domino. Perchè?

Perchè spendere sessanta milioni di dollari per realizzare un film sovraccarico di immagini e artificioso nella ricercatezza formale? La storia è nota. Domino Harvey è la vera figlia di Laurence Harvey, protagonista con Frank Sinatra di Va’ e uccidi (The manchurian candidate, John Frankenheimer, 1962). Negli anni novanta passa dalla vita di modella a Beverly Hills a quella di cacciatrice di taglie al confine con il Messico. Nel 1995 Tony Scott compra i diritti sulla sua storia, ma non trova l’idea giusta fino a quando sette anni dopo conosce Richard Kelly, allora ventiseienne e fresco genietto di Donny Darko (id., 2001). Ed è la sua fortuna. Perchè Kelly trasforma una storia d’azione convenzionale in un intrigante racconto a incastro, grazie a una struttura narrativa che cerca continuamente di disorientare lo spettatore. Peccato però che poi Scott renda vano questo lavoro con la sua mano alla regia. Che è irritante. Esattamente quello che ci si aspetterebbe da un film alternativo-modaiolo-e-fighetto. Ogni tanto, tra una dissolvenza e un ralenti, ogni tanto ci si accorge di essere nella sala di un cinema, e non sul divano a guardare un video di Nelly Furtado masticando chewing gum.

E così va a finire che la parte migliore del film sia la satira del sistema televisivo, con un sornione Christopher Walken nei panni del produttore di un reality sulla vita di Domino. Presentatori del reality: Brian Austin Green e Ian Ziering. Due nomi che non vi dicono niente? Probabilmente non eravate adolescenti nello scorso decennio. Erano due dei protagonisti della serie Beverly Hills 90210, ieri idoli delle ragazzine, oggi imbolsiti e sulla quarantina. Sono spassosissimi con una feroce autoironia, nella parte di vecchi attori finiti nel dimenticatoio (una parte? O la realtà?). Quasi tutto il cast in effetti è convincente. Mickey Rourke non potrebbe interpretare altri ruoli, ma quello dello spaccone che le ha provate tutte gli riesce proprio bene. Lucy Liu, Jacqueline Bisset e Mena Suvari hanno parti piccole ma intriganti. Solo Keira Knightley appare fuori ruolo. Androgina e sensuale, appare però troppo british e monoespressiva per un’interpretazione più difficile di quanto si possa pensare.

È un film di rimpianti insomma. Se pensiamo a una storia come questa raccontata da un regista più rigoroso, alla Michael Mann, allora possiamo pensare a un gran bel film. Domino, invece, finisce per essere quello che è: un flop negli Usa, un’uscita d’agosto in Italia. Senza scuse.

Curiosità
La vera Domino Harvey, dopo aver assistito alla produzione del film e non averne gradito alcuni risvolti, è morta qualche mese prima dell’uscita a causa di un’overdose di Fentanyl, un antidolorifico. Già da anni soffriva per problemi di droga.

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