Terrore ad alta quota
Scritto e diretto dal regista irlandese Paul Greengrass, United 93 tenta una ricostruzione dei fatti legati al tragico epilogo del dirottamento, messo in atto da parte di un nucleo di quattro terroristi islamici, del volo United Airlines 93. Un Boeing 757, partito dall’aeroporto di Newark, diretto a San Francisco, che l’11 settembre del 2001 precipitò a Shanksville, in Pennsylvania, dopo solo novantuno minuti di volo, durante i quali l’attacco suicida di velivoli diretti contro le Twin Towers si stava già verificando.
Una circostanza che già all’epoca legò strettamente le sorti del volo UA 93 all’immane tragedia del World Trade Center, poiché Shanksville dista solo 240 chilometri da Washington, il che ha fatto subito pensare che l’obiettivo di questo aereo fosse quello governativo di Capitol Hill, sede del Congresso americano proprio a Washington D.C., o addirittura la Casa Bianca.
Un’ipotesi avanzata anche dalla Commissione statunitense denominata dell’11/9 e corroborata dallo scambio di telefonate di alcuni dei quaranta passeggeri del volo United 93 con l’esterno.
Conversazioni telefoniche che i collaboratori di Greengrass hanno sviscerato tramite lunghissime interviste rivolte alle famiglie dei quaranta passeggeri del Boeing, poi periti, assieme ai quattro dirottatori, a seguito dello schianto nei pressi di Shanksville. Più di cento interviste che sono state alla base della sceneggiatura del film, onde ricostruire con una certa verosimiglianza quei drammatici novantuno minuti a bordo del volo United 93. Solo dopo il vaglio di queste interviste e l’assenso della maggioranza delle famiglie delle vittime del dirottamento, il film ha avuto il via libera per le riprese.
Ambienti-chiave che si risolvono sempre in riprese di interni, sia per quanto riguarda quelli ricostruiti del Boeing dirottato che quelli delle sale dei vari centri di controllo aereo.
Questa scelta drastica determina uno stancante senso di claustrofobia che non ci abbandona mai sino alla fine del film. Una lettura monooculare che oltretutto stride palesemente con un evento di portata planetaria, che ha coinvolto non solo i media, ma i politici, i militari, l’intelligence e l’opinione pubblica di un uditorio mondiale ormai globalizzato.
Eppure nel film di Greengrass queste voci esterne hanno un riverbero soltanto sporadico: qualche news trasmessa dalla CNN che mostra l’attacco al World Trade Center e poco più. Come se il regista avesse voluto enfatizzare una netta sensazione di sostanziale isolamento, psicologico e fattuale, dovuto alla sorpresa e all’impreparazione di rispondere all’attacco all’America con soluzioni tempestive e operative. Con un’era del terrore globale che, paradossalmente, pur se attraversata da una ragnatela ininterrotta di media, sembra nascere dal silenzio, dal muto sgomento di un’intera nazione scopertasi debole e indifesa proprio nei suoi simboli più forti e rappresentativi.
Un profondo senso di smarrimento del resto non nuovo nelle pellicole firmate da Greengrass. Che non a caso ha diretto film come Bloody Sunday (id., 2002), caratterizzati da uno stile di docu-fiction realistica come United 93, anche se incentrati sui fatti di terrorismo che hanno insanguinato per decenni l’Irlanda del Nord.
Un portato filmico esperienziale che l’autore riversa all’ennesima potenza in questo suo ultimo lungometraggio, che ancora una volta rasenta il cinema-verità. Dove gli angusti metri quadri di un aereo separato dal mondo fra cielo e terra sono il tramite emblematico per raccontare un’altra storia di isolamento, dove gli uomini e le donne devono contare solo su loro stessi, sulla loro intelligenza e sull’istinto di sopravvivenza.
Ed è proprio a questo punto che Greengrass fornisce il meglio della sua pellicola, volta a onorare, neanche tanto nascostamente, il coraggio dei passeggeri del volo United Airlines 93. Perché, nel momento in cui queste persone si ribellano ai dirottatori, il film acquista un’atmosfera di epica drammaticità, tanto più intensa quanto scevra da ogni retorica. Il tutto per una serie di scene agghiaccianti perché altamente verosimili, alla fine delle quali è impossibile non soffermarsi a riflettere sulla barbarie di un fanatismo religioso che ammanta di spiritualità le azioni di puri e semplici assassini. Un film che parla con lingua cruda e attuale, insomma, che sta a noi tradurre senza superficialità per trarre da un singolo evento, come dice Greengrass: “qualcosa che va oltre l’evento stesso, il Dna dei nostri tempi”.
Curiosità
Il National Memorial è il monumento commemorativo che verrà costruito vicino a Shanksville, in Pennsylvania, dove il volo 93 è precipitato l’11 settembre 2001. Una giuria composta da membri delle famiglie, rappresentanti della comunità e architetti professionisti ha scelto il progetto finale, annunciato il 7 settembre 2005, realizzato dalla Paul Murdoch Architects, una società con base a Los Angeles. Per avere ulteriori informazioni o fare una donazione alla Fondazione Flight 93 Memorial, visitate il sito ufficiale www.honorflight93.org.
A cura di Osvaldo Contenti
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