Tredici colpi di pistola
Atmosfere che richiamano certo cinema sovietico e montaggio dalla geometria precisa e impassibile ci proiettano in un mondo ai limiti. Dove si gioca con la vita, la propria e quella degli altri, e si scommette su una roulette russa di tredici partecipanti.
Questo 13 – Tzameti, esordio del georgiano Géla Babluani, è un’opera tipicamente festivaliera, ma estremamente incisiva. Il magnifico bianco e nero e la sceneggiatura precisa e sincopata mostrano una zona morta a lato della civiltà, o che, meglio, sembra nutrirsene, dove signori in belle Audi luccicanti puntano centinaia di migliaia di euro per una sorta di gioco al massacro, in cui il malcapitato Sebastien cade per sbaglio, in cerca di fortuna. Inizio kafkiano e svolgimento degno dei migliori polar d’oltralpe.
Pochi dialoghi e una messa in scena gelida che riesce a non lasciar mai spazio al manierismo. Pur senza accentrarsi sul protagonista, che nelle scene della roulette russa spesso è a malapena inquadrato al momento dello sparo, 13 ottiene effetti claustrofobici e da incubo. Incubo tanto più inquietante perché apparentemente reale.
L’opera prima del ventiseienne Babluani mostra già una grande coesione e coerenza, si mantiene tesa dall’inizio alla fine senza mai perdersi, contando su una struttura centrale che fa della ripetizione del gioco la sua forza. Una pellicola talmente compatta, forse troppo, da avere quasi la forma di un cortometraggio allungato. Ma poco importa. Nell’evoluzione di Sebastien, gettato innocente in un mondo malvagio e impassibile, si notano le potenzialità di un autore, Babluani, di cui speriamo di sentir parlare ancora. Perché, se nei primi round ciò che trasmette il volto angelico di George Babluani è la pauraper la propria vita legata a un filo, è nel sopravvivere per puro caso a un round successivo che vedremo, quasi di sfuggita, un guizzo nei suoi occhi. In quel guizzo Sebastien passa dal terrore all’eccitazione, uccide, e nell’appena accennata mania d’onnipotenza che vediamo nel suo sguardo, c’è la follia di una civiltà che si autodistrugge nei suoi meccanismi devianti.
Curiosità
Presentato alle Giornate degli autori del Festival di Venezia 2005, 13 – Tzameti è stato quasi un evento grazie al passaparola, e ha poi vinto il premio Luigi de Laurentis per la migliore opera prima.
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