Bisognerebbe istituire una commissione che valuti se un remake è il caso di farlo, oppure no
Dalla visione dell’orrendo Omen si evincono alcune cose:
1. Il cane del demonio è sempre il Rottweiler. Mai Dobermann, ne Pitbull. Solo il Rottweiler. Te lo ritrovi ovunque, al cimitero, in casa, sempre quando meno te lo aspetti, e sono guai.
2. Ai giorni nostri in Italia l’automobile migliore che un turista eccellente può sperare di noleggiare è un Alfa Romeo 164. In buono stato, certo. Se la vede appioppare nientemeno che l’ambasciatore USA a Londra, uno che fino al giorno prima guidava una Lexus fiammante. In un punto non precisato del Lazio fa una frenata d’emergenza e si vede che non c’è l’ABS.
3. Sempre in Italia,
a. dentro ospedali e stanze d’albergo appendono crocifissi grossi come quelli delle chiese. Vabbè che c’abbiamo il Papa, ma insomma.
b. il lavori stradali si protraggono all’infinito, e gli operai lavorano senza la benché minima attenzione e garbo, causando disastrosi incidenti in cui perdono la vita importanti cittadini americani, anche a causa delle assenti norme di sicurezza. Quest’ultimo punto forse è vero, ma di solito sono gli operai a farne le spese.
c. i simboli di lotta armata di vedono un po’ ovunque, come fossimo ancora nel 1977.
d. Roma è piena di disgustosi mendicanti che fumano come ciminiere e concausano tremendi disastri a causa dell’incuria con cui gettano i mozziconi di sigaretta, vedi sopra.
Detto questo, e sono le considerazioni più interessanti che Omen ispira, rimane da segnalare che il film non può piacere a chi ha visto l’Omen originale del 1976 con Gregory Peck (Il presagio, splendido e angosciante); ma non piace nemmeno ai tanti che quel film non hanno visto, perché si trovano di fronte a un prodotto scadente sotto tutti i punti di vista, inutile e irritante, che non dà il minimo trasalimento o inquietudine. Peccato che il bravo Liev Schreiber si sia lasciato coinvolgere in un’iniziativa del genere.
In un solo momento, a pensarci bene, Omen è inquietante, ma non dipende dal film in sé. È quando la madre di Damien (il pargolo del Demonio) va di notte in cucina e lo vede (le sembra di vederlo) con un coltellaccio in mano. Il passaggio mentale immediato è ai tanti episodi di cronaca nera familiare con cui i telegiornali versano quotidianamente orrori sul tavolo della cena. E quando il coltello si leva davvero sul bambino, nel film, e lui prega di non essere ucciso, il malessere è completo. Ma Omen, in questo, non c’entra niente.
A cura di Mario Bonaldi
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