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Quattro all’attacco

Quattro all’attacco

Paolo Virzì smette i panni di regista e indossa quelli di produttore con un’operazione insolita, per lo meno rispetto al panorama cinematografico nazionale degli ultimi anni. La scelta è quella di rispolverare la struttura narrativa del film a episodi, molto in voga nell’epoca d’oro della Commedia all’italiana (basti pensare ai film di Risi, Monicelli e “amici loro”) per dare l’opportunità a quattro giovani registi, appena diplomati al Centro Sperimentale, di affrontare il grande schermo con tutti i mezzi necessari. Il tema scelto è quello della passione nazionalpopolare per il calcio. Il mondo del pallone è però quello della gente, dei ragazzini che giocano per strada e sognano i campioni, delle ragazze che giocano nel campionato femminile, delle serie minori in cui ci si può giocare il futuro con una scommessa.

Quattro episodi eterogenei che offrono uno sguardo divertito, ironico, malinconico e, talvolta, disincantato di un mondo che l’attualità più recente ha trasformato in una notizia da prima pagina. Calciopoli oggi è una realtà e nessuno ammette più di credere nel calcio, almeno in quello che muove milioni di euro. Ma la passione per il pallone, il campo sabbioso perché in provincia l’erba costa troppo, il sudore, gli spogliatoi e la gioia dell’attimo in cui la sfera gonfia la rete avversaria, queste cose non cesseranno mai. Questo è lo spirito che traspare e accomuna le quattro vicende raccontate da 4-4-2.

Registi esordienti dirigono senza complessi volti noti degli schermi italiani. Visto che di calcio si tratta è azzardabile una classifica “marcatori” in cui spicca il coach napoletano Nino D’Angelo alle prese con un piccolo, pestifero, Maradona nel primo episodio, incalzato dall’attaccante Francesca Inaudi, giocatrice lesbica attratta dalla donna dell’allenatore, seguiti dal terzo portiere Valerio Mastandrea, che si gioca la vita con una parata e infine il talent scout improvvisato Gigio Alberti che propone al Milan un giovane talento africano, nell’episodio più triste e sottotono.

In complesso 4-4-2 è un esordio curioso, un’operazione un po’ retrò ma non troppo datata e un briciolo di speranza sia per un cinema che per un calcio che boccheggiano come pesci rossi in una boccia di acqua sporca.

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