Musical contro i sensi di colpa
Non riuscirò mai a levarmi di testa l’immagine di John Turturro con la sua lingua aguzza su una boccia da bowling. Impossibile scordarlo davanti al grande Lebowski con i suoi ipnotici movimenti di natiche e il portamento latino da sciupabirilli. Anche dietro la cinepresa (questa è la terza regia) John non è da meno. Lascerà ancora un bel ricordo e la ragione – per chi ha visto il film in lingua originale a Venezia o a una fortunata anteprima – sta in gran parte nei dialoghi, nel turpiloquio da antologia, nei doppi sensi e giochi di parole sul sesso («ha visto più culi mio nonno di una tavola del cesso»), tanto meglio se messi in bocca a una sfilza di attori di prima mano.
La comicità è giocata in gran parte nella fantasia del linguaggio, nelle poesie porcaccione e adulterine di Gandolfini, nelle sconcezze della fulva e scopereccia Winslet, amplificate in un contesto scanzonato dove splendono coreografie, canzoni da musical squinternato e danzatori maldestri e goffi come Steve Buscemi e Christopher Walken.
Tuttavia, anche se il film concentra il suo messaggio nel circo assurdo della vita, sui sentimenti del dolore, sul tradimento, l’abbandono e la difficoltà del perdono, il talento di Turturro è tutto nella capacità di sdrammatizzare, anche ricorrendo banalmente a canzoni strimpellate da sempre più solitari one-man-band come Quando m’innamoro di Anna Identici (nella versione americana), Deliah e Scapricciatiello.
Consumati i fazzoletti, domandatevi quante volte avete visto il vostro capo cantare sguaiato in ufficio e quante volte i vostri colleghi “operai” sottopagati. I primi forse mai, i secondi sicuramente più volte. Chiedetevi anche quante volte avreste voluto scrivere una poesia zozza alla/o vostra/o amichetta/o maialona/e giusto per il piacere di farlo, e poi l’avete fatto (magari anche tutto il resto). Inchinatevi ancora una volta davanti a John Turturro, ridendo sotto i baffi, inforcate un paio di occhialoni neri e vestitevi alla Elvis, come Christopher Walken. Poi attaccate It’s a man’s man’s man’s world e ballate fino a che vi passeranno i sensi di colpa. Non è detto che funzioni.
A cura di Giovanna Prugna
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