Tra modelli che ispirano e divani che parlano
La commessa fece una faccia strana quando il regista si presentò alle casse per pagare il conto. Era un po’ smarrita. Lo stesso regista si trovava a disagio perché non sapeva che dire. «Questo è un film di Allen» disse la commessa, adirata. «Lei ha acquistato mezzo chilo della città di Manhattan, tutta Meryl Streep, un chilo di commedia ebraica, due etti di sessoterapia e qualche dialogo cultural-chic» Impietrito e rosso dalla vergogna, il regista cercava nel carrello della spesa qualche ingrediente da poter aggiungere al conto, tanto per calmare le acque. «Signorina, non esageri. Io ho la forza del divano e poi ho evitato le immagini evocative, il bianco e nero, la gita in barca e il widescreen. Soprattutto, Bryan Greenberg c’ha il fisicaccio e non fa ridere». A quel punto la commessa si calmò anche perché intervenne uno spettatore incuriosito.
«In effetti molti aspetti di Prime fanno pensare a Manhattan (id., Woody Allen, 1979)» disse il curioso. «Oltre a quelli già emersi dalla discussione precedente, se ne possono individuare altri. Come gli equivoci, la differenza di età, la debolezza / insicurezza di lui, la diffidenza / grinta di lei. Oppure i ricordi d’infanzia in chiave comica presi invece da Io e Annie (Annie Hall, Woody Allen, 1977). La vera matrice originale, che si distacca dai riferimenti alleniani sta nel punto di vista esclusivamente femminile, che si rivela il punto focale del racconto. Questa è la sostanziale differenza con i diretti film ispiratori. Differenza sostanziale, anche perché mette al centro degli equivoci e quindi delle gag sul divano (più o meno divertenti) Meryl Streep, mamma ebrea iperprotettiva, e Uma Thurman, donna in carriera, bellissima, ferita e innamorata. Le due attrici valgono l’intero film, anche perché il film conta esclusivamente su di loro» precisò con irruenza.
I toni della discussione si fecero sempre più aspri a tal punto da attirare l’attenzione di una vera e propria folla. Dalla confusione uscì la domanda di una donna capitata lì per sbaglio. «Ma l’uomo esiste in queso film?».
Il curioso, messo sotto pressione dalla folla, fu costretto a rispondere. «Il maschio in Prime esiste, ma è la parte sconfitta del tutto. E’ la parte irresponsabile e immatura della coppia. L’eterno bambino. La vittima castrata (si fa per dire) della famiglia. Il custode dei valori e delle tradizioni, in bilico fra perbenismo e spirito di ribellione. Il maschio è una via di mezzo, che senza la donna non esisterebbe. Aggiungo, inoltre, che la soluzione citazionistica cui ci riferivamo prima, era già stata utilizzata dal regista durante il suo esordio, Un Km da Wall Street (Boiler Room, 2000) quando prese a modello film come Wall Street (id., Oliver Stone, 1987) e Americani (Glengarry Glen Ross, James Foley, 1992). Comunque, nonostante tutto, non ci si annoia e il finale è pure coerente».
La commessa siccome aveva finito il turno, censurò qualsiasi tipo di ulteriore domanda e richiamò l’attenzione del regista limitandosi a dire: «Ce l’hai la tessera dei punti?».
A cura di Matteo Mazza
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