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Dr. Bisio e Mr. Noir

Dr. Bisio e Mr. Noir

Dr. Bisio e Mr. Noir di Claudio Garioni ******

Dentro al corpo pieno di lividi del “Gorilla” ci sono due personalità: Sandrone e il Socio, dalle idee simili, ma dai metodi completamente diversi: pacato, razionale e ironico il primo; violento, istintivo e senza mezze misure il secondo. Uno fuma (sigarette e canne), l’altro no. Uno si deve scusare per gli imbarazzi causati dall’altro. Uno si deodora continuamente l’alito e fa cilecca a letto, l’altro si trova strangolato da un tizio con la maschera di Pippo. Il Gorilla, fin da bambino, convive con questa forma di schizofrenia che gli impedisce di dormire. Non appena viene sopraffatto dal sonno e chiude gli occhi, infatti, si risveglia immediatamente nel suo alter ego. A questa specie di supereroe al contrario non resta quindi altro da fare se non far convivere i suoi due io, facendoli andare d’accordo e passando delle informazioni da uno all’altro appuntando tutto su bigliettini in stile Memento. Il Gorilla ha da poco accettato un lavoro come accompagnatore di un vecchio attore americano, ormai dimenticato dallo star system e costretto a girare stupide pubblicità per guadagnare qualcosa. Nella sua vita, però, precipita Vera, una ragazza che vive insieme a tre albanesi, tra i quali c’è anche Adrian, il suo ragazzo. Quando Vera scopre che Adrian è stato ucciso, chiede l’aiuto del Gorilla che, inevitabilmente, finirà per indagare sulla vicenda, con l’aiuto dei suoi vecchi amici-nemici e della sua nuova conoscenza americana, aggirandosi nelle ombre di Milano e Cremona, tra città e provincia.

Il film del debuttante Carlo A. Sigon (fortemente voluto da Claudio Bisio che sentiva nostalgia del cinema) percorre la strada ormai dimenticata dalle produzioni italiane del cinema di genere, aggrappandosi ai territori del noir. Il risultato purtroppo non è entusiasmante. Benché La cura del gorilla coniughi bene la finzione del racconto con chiare tracce di realtà, come vuole la tradizione di questo meccanismo narrativo, la storia fatica a decollare, i dialoghi non spiccano per originalità e brillantezza e, di conseguenza, l’effetto è quello di un buon tentativo rimasto incompiuto. Va meglio, infatti, con la voce fuori campo di un Bisio capace di trovarsi a suo agio nei panni del personaggio double face. Manca, insomma, la spinta in più: attori bravi, regia pulita (belle le scelte di alcuni dettagli e il dialogo in dissolvenza), atmosfere e musiche appropriate.

Ma non basta: come si nota da questi aggettivi, sembra di essere davanti a un semplice compitino (ben svolto) che tuttavia è privo della marcia in più che lo trasformerebbe in cult. Un vero peccato perché le premesse per aspettarsi qualcosa in più c’erano tutte. Intendiamoci, resta un prodotto di buon livello, ma ancora troppo poco per poter fare scuola, essere esportabile e convincere fino in fondo il pubblico. Bisio, alla prossima. Ti aspettiamo con affetto.

Bisio e soci(o) di Ciro Andreotti ****

Facile ritrovare in questa pellicola prodotta dalla Colorado Film le stesse lacune che tormentano il noir made in Italy degli ultimi anni. Il cast di supporto di questa prima uscita del “Gorilla”, è infatti in moltissimi suoi membri il medesimo delle precedenti fallimentari prove della truppa capitanata da Maurizio Totti (Nirvana – Gabriele Salvatores, 1997 -, Quo vadis baby? – Gabriele Salvatores, 2004): Gigio Alberti, nel ruolo di un hacker idealista e rintanato perennemente nelle viscere di uno scantinato, Bebo Storti in quello di un poliziotto rude e poco avvezzo alle buone maniere, Stefania Rocca nella parte di una ragazza dei centri sociali, Antonio Catania in quelle di un losco figuro che fa da agente del protagonista e Claudio Bisio in quelle di un ex – leoncavallino che la vita ha preso a calci riupetutamente.

La pellicola, nonostante il cast iper rodato e impreziosito dal grande caratterista americano Ernest Borgnine, fallisce proprio dove avevano fallito i suoi predecessori ovvero la trasposizione cinematografica. Lo stesso autore del romanzo, assistito nel ruolo di sceneggiatore sia dal regista (Carlo Arturo Sigon) che da Pasquale Plastinosi, si rende responsabile di una trama che non delinea a sufficienza né il personaggio del protagonista nè gli altri né tanto meno un intrigo investigativo che, partendo dalla presunzione di trascinarci nelle spire di una metropoli underground come Milano e il suo hinterland, finisce per spegnersi in un fuoco di paglia male orchestrato e pieno di lacune narrative.
Lo sdoppiamento che costituisce il dramma di Sandrone si rivolta velocemente contro la pellicola come un boomerang impazzito: le affermazioni soppesate e il prorompente arrivo del “socio”, ovvero del lato schizofrenico, creano solamente una serie di uscite tragicomiche, una serie semplice e semplicistica di effetti ilari che poco hanno a che fare con il tormento dettato da una malattia che, meglio approfondita, avrebbe potuto dare il là a una storia interessante, piacevole e affine alle giuste pretese del cast. La regia offre poi poco in termini di linearità di direzione ed è più avvezza a sketch brevi, veloci e sincopati, vittima del passato di Sigon, poveniente dal mondo della pubblicità e qui alla prima esperienza cinematografica.

Il personaggio del “Gorilla” è infine cucito sulle spalle di un pur valido attore come Claudio Bisio, che però sembra essere vittima della comicità che lo ha reso celebre, finendo per conferire al suo personaggio il triste aspetto di una brutta copia del Deckard di Blade Runner (id., Ridley Scott, 1982), avvezzo a narrare la storia in terza persona per rendere partecipe lo spettatore del suo punto di vista.
Rimandato quindi anche questo prodotto della Colorado film, nella speranza che il prossimo noir della triade Totti – Abatantuono – Salvatores (sarà tratto dal romanzo La scala di Dioniso di Luca Di Fulvio) possa essere all’altezza delle aspettative del pubblico.

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