La magia sbagliata
Paradossalmente, i quattro fratelli Pevensie cercano di fuggire dalla guerra per poi trovarne un’altra, che non possono evitare. Come quei bambini che, vissuti nelle battaglie per lungo tempo, disegnano a scuola carri armati, morti e sangue, i giovani protagonisti di questa storia inseriscono nella loro storia personale (l’invenzione del mondo di Narnia) tutto ciò che fa loro paura e tutto ciò che desiderano, come in un sogno che deve elaborare diversi problemi.
Il leone. Il padre partito per la guerra, è il leone Aslan, purtroppo doppiato in Italia da Omar Sharif, che gli regala una voce sottile e ridicola, più adatta a un criceto che al saggio re degli animali. Consiglia, sgrida, si sacrifica, muore e risorge. Similmente alla figura di Cristo, dona la speranza ai suoi figli adottivi e insegna loro ad amare. Tutto questo, però, incespicando nella lingua italiana con una pronuncia straniera dal tono effeminato, dolcissimo, infantile…
La strega. Una figura materna debole, che ha lasciato partire i suoi figli perché non in grado di proteggerli dalla guerra, ha il suo doppio nella Strega Bianca, rappresentazione femminile della forza e della potenza, temuta, ma anche piena di fascino. È la strega il personaggio più credibile e dotato di spessore (la sua voce è fiera, dura e seducente…): crudeltà e bellezza, eleganza e onnipotenza, Jadis racchiude una forza immortale, contro la quale i bambini si possono scontrare e confrontare, che possono sconfiggere, ma che possono anche far ritornare alla vita. La sua morte, infatti, rimane fuori campo, la sua assenza è segnata dalla presenza sul suolo di Narnia dell’erba al posto del ghiaccio. Lei, come inverno e tempo buio, sembra sempre aleggiare nei territori della fantasia, con l’unico scopo di poter definire il suo contrario, cioè la primavera, la luce, il calore. Come in molte delle fiabe classiche, è la figura del male a essere più fascinosa e definita con passione: ciò che si fugge nella realtà è ciò che si agogna di più nel sogno.
L’armadio. Il sogno appunto. Cioè, l’armadio. Segno di passaggio da un mondo all’altro, l’armadio segna il confine dell’interpretazione di tutto il film: i quattro danno le spalle al fondo dell’armadio, stanno solo cercando di nascondersi, non di trovare un nuovo mondo. Ma, non guardando, ci cadono dentro: non razionalmente, quindi, non sapendolo, ma, forse, desiderandolo come un gioco. Così, al momento del ritorno alla vita reale, non è passato nemmeno un secondo, mentre loro erano rimasti a Narnia per anni. Semplicemente, era una loro fantasia, un gioco per evadere insomma, che li ha aiutati, per qualche minuto, a dimenticarsi dell’inverno che li attende fuori.
Il fastidio complessivo è tanto, per una storia che vuole fortemente, dalla produzione alla sceneggiatura, essere “realistica”, nelle ambientazioni, nei costumi, nella computer graphic. Eppure, come per una magia sbagliata, l’essere che spunta fuori è totalmente nudo e senza gambe.
Curiosità
Tilda Swinton è stata coinvolta nella creazione del look della Strega Bianca. Doveva essere moderna e attraente, lontano dai cliché della cattiva. Il suo vestito doveva essere una sorta di termometro del suo umore: nel castello di ghiaccio è vaporoso come un abito da sera, ma quando è in battaglia in una situazione di pericolo diventa stretto e scuro.
A cura di Francesca Bertazzoni
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