Il paradiso, all’improvviso…
Il titolo del film di Abu-Assad non tragga in inganno, nessun riferimento esplicito al capolavoro di Coppola è presente nella pellicola. La sfida che ci proponiamo in queste righe è invece quella di trovare una serie di motivazioni per capire quanto questo film sia necessario per capire ciò che è successo in Palestina, tanto quanto Apocalipse now (id., Francis Ford Coppola, 1979) è stato l’affresco più veritiero del Vietnam. I due film sono la narrazione di una missione, di un percorso nel territorio altrui, la giungla da una parte e la Striscia di Gaza dall’altra, ma sono soprattutto una discesa simbolica nel cuore di tenebra presente negli animi dei protagonisti. Entrambi i film iniziano con le istruzioni di una missione che terminerà con un’esplosione, un fuoco purificatore che spazzerà via il male assoluto. La Palestina come il Vietnam, ma senza Kurtz.
Gli avvenimenti occorsi nell’ultima estate hanno portato una svolta nella situazione medio-orientale. L’improvviso ritiro dei coloni dalla Striscia di Gaza ordinata da Sharon ha lasciato di stucco, una scelta inaspettata, soprattutto dopo che il leader ebraico aveva dato prova di agire duramente nei confronti della ribellione palestinese. La rapidità con cui si è sbloccata una situazione in stallo da decenni è forse il motivo per cui è stato difficile comprendere realmente ciò che stava accadendo.
L’arte spesso odora il cambiamento e lo propone in anticipo; ma in questo caso riaffiora alla mente il caso di No man’s land (id., Danis Tanovic, 2001), gioiello della satira militare che sbeffeggiava il conflitto jugoslavo in modo durissimo, ma che è arrivato al pubblico qualche mese dopo la fine del conflitto. Ciò non significa che “un’escalation della situazione avrebbe potuto essere positiva” (cfr. Apocalypse now) ma che lo stesso film proposto sei mesi prima avrebbe avuto un impatto sociale ed emotivo assai più forte.
I kamikaze della jihad perseguono la causa della Palestina dietro il miraggio di diventare eroi per il loro gesto estremo, di portare onore alle loro famiglie e, soprattutto, di ottenere il paradiso subito, dove saranno allietati per l’eternità da schiere di giovani vergini. Paradise now. È però inutile fare moralismi o panegirici sul valore dell’estremismo religioso, anche perché è facile vedere la pagliuzza nell’occhio altrui senza vedere la trave nel proprio. Non stiamo meglio in Italia se qualche prelato decide di intervenire nella vita politica e la maggior parte degli italiani decide di conseguenza di non esprimere il proprio voto a un referendum. È fanatismo anche questo e senza la promessa del paradiso, ora.
Curiosità
Il regista Abu-Hassad, alla sua opera prima, ha da sempre trattato con molto interesse la questione palestinese attraverso la forma del documentario nel quale però la fiction ha sempre costituito un ruolo importante. Ford transit descriveva la vita di sei palestinesi traghettati da un posto di controllo all’altro tra i confini dei territori occupati. Premiato a molti festival internazionali è stato solo il primo passo verso la candidatura all’Oscar di Paradise now, primo film palestinese a concorrere per l’ambita statuetta.
A cura di Carlo Prevosti
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