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Quei 20 centimetri di troppo

Quei 20 centimetri di troppo

Uscito in Spagna lo scorso anno, 20 centimetri ha diviso la critica e il pubblico. Chi lo ha amato lo definisce un cult (come spesso accade per film trans-gender, come Priscilla la regina del deserto – The Adventures of Priscilla, Queen of the Desert, Stephan Elliott, 1994 -, The Rocky Horror Picture Show – id., Jim Sharman, 1975 -, Stonewall – id., Nigel Finch, 1995) e il cinema di John Waters), chi lo detesta non risparmia critiche. Primo musical a tema transessuale, 20 centimetri è stato ideato e scritto dal regista sceneggiatore Salazar per l’attrice Monica Cervera, nota in Italia per il recente Crimen perfecto (Crimen ferpecto, Álex de la Iglesia, 2004). «E’ stata la mia musa ispiratrice, prima, durante e dopo le riprese. Penso che nessun’altra attrice sarebbe riuscita ad interpretare Marieta / Adolfo con altrettanto vigore e fantasia. Si potrebbe pubblicizzare la pellicola con frasi d’altri tempi come ‘Cantata, danzata e interpretata da Monica Cervera’». Uomoni che hanno interpretato donne (Dustin Hoffman in Tootsie – id., Sydney Pollack, 1982) e donne che hanno interpretato uomini (Victor/Victoria – id. Blake Edwards, 1982) se ne sono visti molti, la carica sensuale ed emotiva offerta dalla Cervera, nel rappresentare le problematiche di un uomo che tale non si sente, non lascia certo indifferente. La Cervera si mette a nudo, fisicamente con due full-frotal per mostrare il prima e il dopo dell’operazione, ma soprattutto psicologicamente in un balletto di situazioni amaramente comiche o drammatiche, sempre stemperate da una grande ironia.

La rielaborazione di alcuni brani musicali celebri della tradizione poo europea (tra cui spicca un balletto ispirato a Cantando sotto la pioggia – Singin’ in the Rain, Stanley Donen e Gene Kelly, 1952 – al ritmo di Parole, parole, parole nella versione francese di Dalida) strappano applausi, senza riecheggiare troppo l’analogo procedimento effettuato da Baz Luhrman per Moulin Rouge (id., 2001). Il film è discontinuo, nel ritmo e nelle scelte registiche, visionario a tratti, realistico in altri. I caratteri dei bizzarri personaggi che riempiono la vita di Marieta sono ben delineati, dal “nano” con cui lei condivide l’appartamente, all’uomo di cui si innamora, poco spaventato da ciò che lei nasconde fra le gambe. Il film vive però sul viso di Monica Cervera, sul suo naso pronunciato, sul suo fisico slanciato ma soprattutto sul suo sguardo, a volte sicuro e penetrante a volte smarrito e bisognoso di aiuto.

Curiosità
il film si apre con un numero musicale sulle note della canzone Tombola in cui oltre un centinaio di ballerini in costume affollano la Gran Via, il viale principale di Madrid e una delle arterie più trafficate della capitale spagnola. Per girare la scena, ha detto il regista, hanno dovuto aspettare subito dopo l’alba della prima domenica di Agosto, momento dell’anno in cui, statisticamente, sono meno le auto in circolazione per le vie madrilene. Il traffico spagnolo non ha risentito delle riprese, gli attori forse sì!

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