Tempo e terre di confine
André (Depardieu) e Cécile (Deneuve), e non solo loro: ben altri personaggi popolano questo film di André Téchiné presentato a Berlino nel 2004, seguiti da vicino dalla macchina da presa, persi e ritrovati poco dopo, spesso in piccoli dettagli di vita quotidiana. L’azione si svolge a Tangeri, forse anche metaforico luogo di frontiera, in secondo piano rispetto alle vite dei personaggi, comunque crocevia di scambi (umani e sentimentali), portatore di un disorientamento sottile che coinvolge tutti, al di là dell’età. Cosa resta di un Amore dopo trent’anni? E cosa fare di quel che resta? «Non si può possedere qualcuno senza fargli del male», ma forse questo gli amanti non lo sanno. Certo non lo sa André quando irrompe nella vita di Cécile con la volontà precisa di riportare in vita sentimenti forse soltanto sopiti, intrufolandosi nella sua casa, nascondendo una vecchia foto / feticcio sotto il materasso di lei.
A fare quasi da controcanto negativo ai due ex-amanti, una coppia più giovane: il figlio di Cécile e la sua nuova compagna, parigini in visita a Tangeri, fragilissimi esponenti di un mondo occidentale che non ha più coordinate di alcun genere. «Mezzo marocchino mezzo francese mezzo uomo mezza donna… Non so come fai a ritrovarti», dice uno dei suoi amanti al figlio di Cécile. Infatti non si ritrovano, né lui né la ragazza, incapaci di stare da soli, di decidere da soli, e soprattutto incapaci di dare un nome ai propri sentimenti. Forse anche incapaci di “sentire”, sicuramente incapaci di amarsi. Intorno a loro, il disagio di altri, pubblico e privato, la difficoltà di relazionarsi con il tempo, quello presente, quello passato, quello dimenticato e soprattutto quello che cambia, perché il tempo che cambia è a suo modo una terra di confine, qualcosa che bisogna attraversare e da cui si spera di restare illesi.
E’ un film strano, che vive delle piccole ossessioni dei protagonisti, in cui apparentemente non accade nulla di eclatante perché i cambiamenti sono nascosti e diluiti nel quotidiano, come spesso accade nella realtà. Ed è a questi piccoli spostamenti, a queste erosioni sottili che sta incollata la macchina da presa, ai volti, agli stupori, ai disappunti dei personaggi; anche ai suoni che ci circondano, con un montaggio che a volte sembra seguire la logica della sinestesia. Il prevedibile si mischia con l’imprevedibile, lentezze estenuanti seguono a momenti di maggior vivacità. Una bella prova d’attori: Depardieu e Deneuve ci restituiscono con intensità il senso del cambiamento, quello portato dallo scorrere del tempo, a volte lento e scandito come i riflussi del mare, a volte improvviso e rovinoso come terra che frana.
A cura di Antiniska Pozzi
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