Favola d’amore sui campi di Wimbledon
I campi verdi del torneo di tennis più famoso e importante al mondo fanno da cornice a una favola d’amore tra una stella nascente e un campione sul viale del declino.
Lizzie è grintosa, sicura di sé, determinata, a Wimbledon per la prima volta.
Peter è un veterano del tennis, un tempo avversario temuto, ma ora solo un giocatore disilluso e sfiduciato che tenta il torneo per l’ultima volta, prima di ritirarsi a fare il maestro in un club privato per ricche e viziate signore.
Scocca il colpo di fulmine grazie a un equivoco di assegnazione delle stanze da parte dell’hotel dove i due sportivi alloggiano: da questo magico momento in poi la loro vita si tinge di rosa e la passione inverte i loro destini sul campo da gioco.
Lizzie, distratta dall’amore e dalle tenerezze di lui, perde la dovuta concentrazione e con essa inevitabilmente le sue partite.
Peter, invece rinvigorito dalla passione, game dopo game, set dopo set, partita dopo partita, sbaraglia gli avversari e impalma il titolo di campione di Wimbledon, oltre che il cuore della bella e frizzante Lizzie, che intanto l’ha lasciato.
Allenamenti, racchette, palline, completini bianchi Fred Perry per lui e Puma per lei, dritti, rovesci, battute, pallonetti, tie-break, conferenze stampa e poi sguardi d’amore, fughe dal torneo per stare soli, dolci parole, tramonti, notti romantiche e stelle cadenti sono gli ingredienti che il regista Richard Loncraine ha messo in campo per confezionare Wimbledon.
Una commedia sentimentale prevedibile e a tratti noiosa, prodotta da quella Working Title che invece ha saputo creare successi come Quattro matrimoni e un funerale (Four weddings and a funeral, Mike Newell, 1994), Notting Hill (id., Roger Michell, 1999 ), Il diario di Bridget Jones (Bridget Jone’s Diary, Sharon Maguire, 2001) e About a boy (id., Chris e Paul Weitz, 2002).
Molto carina e nuova l’idea di mettere in scena uno sport appassionante come quello del tennis che il cinema ha sempre lasciato in disparte. Nonostante le buone premesse e le emozionanti, vere e competenti scene di gioco con l’apoteosi del match decisivo finale, Wimbledon però delude e stanca presto.
Poco convincenti sono i protagonisti: Kirsten Dunst, perfetta in Il giardino delle Vergini suicide (The Vergin Suicides, Sofia Coppola, 1999) e come compagna di Spiderman (Spiderman – id., Sam Raimi, 2002 – e Spiderman 2 – id., Sam Raimi, 2004), è intrappolata nel suo bel visino inespressivo e l’intepretazione del biondo e statuario Paul Bettany oscilla tra lo humor di Hugh Grant e il fascino di Michael Caine senza però brillare.
La cosa più bella del film è il suo sito internet: giallo, verde e bianco come i colori di Wimbledon, ricco e divertente.
Vedere entrambi per credere…
Curiosità
Per questo film per la prima volta l’esclusivissimo club di Wimbledon ha aperto le sue porte a un set cinematografico, permettendogli anche di filmare e usare alcune partite disputate durante il torneo del 2003.
Le sequenze di gioco mostrate sono state attentamente supervisionate dal tennista Pat Cash, che ha anche allenato Kristen Dunst e Paul Bettany per i loro ruoli.
Compaiono nei panni di loro stessi i mitici campioni Chris Evert e John McEnroe, la cronista americana Mary Carillo e il veterano di Wimbledon John Barrett
Wimbledon è dedicato a Mark McCormack, il superagente che ha inventato il sistema delle sponsorizzazioni rivoluzionando così l’intero mondo dello sport.
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