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Ogni saga ha una sua conclusione. O no?

Ogni saga ha una sua conclusione. O no?

Indimenticabile cinema stellare di Ciro Andreotti

Venticinque chili presi con sei pasti al giorno, oltre a molte ore di palestra di scherma e di allenamento. Questo è quel che ha dovuto sopportare Hayden Christensen per poter passare definitivamente verso il lato oscuro della forza e poter indossare la nera armatura di Darth Vader. Se la figura di Luke era il vero cardine della prima trilogia (o più correttamente della seconda, trattandosi degli episodi IV, V e VI), alimentata dai suoi dubbi di vendetta nei confronti del padre, Anakin è invece la vera forza propulsiva di questa nuova trilogia, offuscando anche la grande prova di Ewan McGregor, volutamente conciato, e acconciato, per alimentare il ricordo di “Sir” Alec Guinness, il primo, vero e unico, Obi Wan.
Star Wars altri non è, ora a saga ultimata lo possiamo dire, che una splendida commistione di generi difficilmente riconducibile alla sola fantascienza: partendo dalle avventure di cappa e spada, fino al western, saccheggiando le fiabe nordiche dei miti vichinghi e della Terra di Mezzo, cui George Lucas si è palesemente ispirato, da avido lettore di J.R.R.Tolkien e della sua opera omnia.

Star Wars rappresentò anche una prima virata verso un nuovo modo di fare cinema, una diversità confermata dall’incredibile numero di proseliti che la saga ha saputo creare in ogni luogo e latitudine del globo. Travalicando alla fine quel che è la vita del mondo dentro lo schermo, invadendo il pianeta di adepti del mondo creato da George Lucas. Divenendo alla fine ben più di una mera e semplice operazione commerciale che ha portato Lucas a creare serie di videogiochi, raduni di fans, cartoni animati, fumetti e quant’altro fosse pensabile associare a una pellicola.
Un film quest’ultimo della serie, cui difficilmente si riesce a restare insensibili se pur non appassionatissimi del genere. Capace di narrare la fine della stirpe dei cavalieri Jedi, di come il giovane Skywalker abbia alla fine prediletto le lusinghe del cancelliere Palpatine, di come, in realtà, solamente un errore lo abbia costretto al lato più, almeno apparentemente, vantaggioso della forza, rinnegando l’amore per Amidala. Maiuscola anche stavolta la dolcezza con la quale Natalie Portman si erge a donna e madre, innamorata e poi ferita dal tradimento del suo uomo.

Gli altri protagonisti, tutti calati nei rispettivi ruoli, riescono a non offuscarsi gli uni con gli altri: Il voltafaccia di Ian “Palpatine” McDiarmid, il carisma di Samuel Jackson, i succitati Christensen e McGregor. Tutto il cast difficilmente potrà essere dimenticato anche perché George Lucas in persona pare non voglia ricredersi in merito alla creazione di una terza e ultima trilogia, non concludendo, quindi, il progetto originario, datato 1977, che prevedeva ben nove episodi. Secondo il regista il lavoro è, con quest’ultima pellicola, ormai compiuto. Un totale di sei episodi: la genesi, l’ascesa e la caduta dell’impero, dovrebbero essere sufficienti a placare ogni possibile curiosità. Più probabile invece la realizzazione di una serie tv che racconterà i ventiquattro anni della maturazione di Skywalker a congiunzione tra le due trilogie. Intanto godiamoci quest’Episodio III. Per chi ha visto la prima trilogia la conclusione di quella nuova era già scritta, ma non emozionarsi di fronte alla più bella delle armi cui il cinema ci ha abituato, ovvero la fantasia, è davvero impossibile.

Dialoghi tra bene e male di Fabrizio Amadori

Migliore episodio della nuova trilogia, La vendetta dei Sith è un film profondo, ricco di suggestioni culturali, non facili da interpretare. Molto vicino a essere un capolavoro, l’opera ha il grande merito di non dare seguito ai due precedenti episodi, ma allo spirito della vecchia trilogia.
Come da copione, il film non poteva non iniziare con una grande battaglia tra astronavi. La tipica situazione da Guerre stellari, e le dimensioni enormi saltano subito all’occhio perché, in effetti, l’imperativo categorico del regista è costruire un mondo.
In alcuni capolavori letterari e cinematografici, tipo Il signore degli anelli, l’ambiente inteso come contesto di una storia che contribuisce a creare, fa la parte del leone e suscita l’amore di numerosi lettori e spettatori.
Quando si cerca di costruire un mondo, le grandi dimensioni degli oggetti che lo compongono possono aiutare. La galassia di Guerre stellari è vasta: i viaggi avvengono tra pianeti, grandi e piccoli, tutti diversi, pieni di uomini, mostriciattoli e androidi.

Fedele alle regole della composizione cinematografica chiamate a conferire realtà, Lucas non abbandona mai il suo mondo ai capricci della memoria, e introduce nella storia un pianeta col proposito di ritornarvi più volte. Ogni pianeta fa da teatro a un’azione che sembra partire da lontano. Infatti, dopo aver constatato che ciascuna azione fa parte di un intreccio complesso e articolato, lo spettatore si accorge anche di qualcos’altro, che dietro l’azione c’è un profondo messaggio.
Il messaggio è risolto nel tessuto narrativo con efficacia, e si esprime a vari livelli. Un primo livello, superficiale, è costituito dai dialoghi tra i personaggi: una serie di frasi che lasciano in sospeso lo spettatore; e che fanno intuire alcune “verità”, fra cui una presa di distanza da ogni facile condanna in nome di quel principio di complessità a cui nessun personaggio sfugge.
Lucas dice la sua sulla storia dell’Occidente e crea un mondo che ne è, almeno in parte, metafora. Un primo, importante indizio ci fu ne La minaccia fantasma (Star Wars: Episode I – The Phantom Menace, 1999), quando il regista, un po’ goffamente, aveva rappresentato la madre di Darth Vader “immacolata” come la Madonna. Nel terzo episodio i riferimenti al Cristianesimo si infittiscono, ma vanno filtrati. Riguardano sia i Jedi che i loro avversari Sith. Si nega una facile contrapposizione tra Bene e Male, con i Jedi vicini allo stoicismo, i Sith al regno delle passioni e il sentimento dell’amore vicino ad entrambi. Facce dello stesso Sentimento, i Jedi rappresentano la parte apollinea, i Sith quella dionisiaca dell’Amore.

Non mancano le provocazioni personali del regista. Quando il cancelliere Palpatine, nel teatro “futurista”, parla con Anakin (con cui spesso, nel film, scambia frasi ambigue), descrive la figura di un grande maestro Sith, il quale, come Cristo, «salvò la vita agli altri ma non riuscì a salvarla a se stesso…».
A fare da cornice a questo magnifico dialogo tra il Maestro e il suo (ancora inconsapevole) discepolo, una cupa, torreggiante e precaria città notturna: se il dialogo rappresenta il primo livello di espressione del messaggio profondo, l’ambiente costituisce senz’altro il secondo. E una città del genere, in effetti, esprime, non a caso, riferimenti ad aspetti della condizione umana, e predispone lo spettatore in modo tale da recepire come verosimili delle situazioni che altrimenti sarebbero assurde. L’aspetto in questione, nella scena del teatro, è la natura bifronte dell’essere umano e il suo stare spesso (sempre?) sull’orlo del precipizio.
Quando Anakin vede in sogno la morte della moglie, la principessa Amidala, il destino di quest’ultima è segnato. Il ragazzo vuole salvarla: l’amore gli impedisce di vedere le cose con distacco, come gli suggerisce l’amico Obi Wan Kenobi, ed egli ottiene il risultato contrario, sino a diventare causa della morte della ragazza. Mentre Bacone, ingenuamente, aveva sostenuto che sapere è potere, Lucas non esita a capovolgere tale affermazione e a prendere le distanze da una forza che cambia la persona che la ottiene.
Unica perplessità: mentre ne La vendetta dei Sith Amidala muore subito dopo il parto, ne Il ritorno dello Jedi (Star Wars: Episode VI – Return of the Jedi, Richard Marquand, 1983) la principessa Leia, parlando con il fratello Luke nella foresta degli Ewoks, fa supporre il contrario.

Curiosità
Nella versione originale la voce di Yoda è del regista Frank Oz. Episodio III è stato proiettato in via del tutto speciale al 58° Festival di Cannes 2005. Alla produzione del film hanno lavorato 1.650 persone, e il film presenta 42 personaggi creati, interamente, al computer. Fra questi Yoda, Jar Jar Binks e tutta la famiglia di Chewbacca.

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