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Vieni via con me. Dal cinema

Vieni via con me. Dal cinema

Strade della sonnolenta Utica vs. viali ipertrafficati di New York
L’idea di cambiare il punto di prospettiva con cui raccontare la vita di una famiglia italoamericana è il motore iniziale che ha spinto Carlo Ventura a cercare a lungo i fondi per produrre il film che aveva in mente. Una descrizione degli italiani d’America priva di stereotipi classici da cinema americano, questo doveva essere l’intento iniziale, ma ai primi approcci i produttori (Twentieth Century Fox) ritennero l’atmosfera del film troppo etnica e di poco interesse per il pubblico. Cambio di sceneggiatura. Il figlio delinquente deve esserci. Fine primo capitolo.

Italiano mamma, mandolino, mafia, pizza
Cinque anni dopo molte cose cambiano. Tom Hanks produce un piccolo film a tema “greco” e si arricchisce, è Il mio grasso grosso matrimonio greco (My Big Fat Greek Wedding, Joel Zwick, 2002) . L’etnico torna in voga. Nuova speranza, il film si può fare una volta trovati soldi. Richiesto volto noto per l’Italia, parte casting (non lo penso io, è il marketing). Mariangela Melato, ottima attrice direte voi, pessima doppiatrice di se stessa aggiungo io, volto giusto per impersonificare la madre. Altre facce che escono forse da Dawson’s Creek. Doppiaggio spesso involontariamente comico, strano direte voi, con un regista esordiente ma che nasce come dialogue coach (che di parlato dovrebbe intendersene) e che ha lavorato anche per il Padrino parte III (The Godfather: Part III, Francis Ford Coppola, 1990 – lo ricorda citandolo continuamente per tutto il film).

Tragicommedia mancata
Ciò che spiazza di Vieni via con me è la sceneggiatura. Nel suo tentativo di mostrare una famiglia non stereotipata, cade in tutti i luoghi comuni più frequenti che il cinema americano più dozzinale ci ha insegnato sugli abitanti delle varie Little Italy. La storia è pasticciata, piena di buchi narrativi (il risveglio sulle spiagge partenopee è improponibile) e il tono surreale scade nel patetico. La piccola parte offerta alla iena televisiva Enrico Lucci, come fotografia a memento del padre defunto con cui Maria parla continuamente, dovrebbe contribuire ad alleggerire l’atmosfera con siparietti che però non riescono mai a risultare divertenti. I tentativi di colpi delittuosi di Santino sono continuamente mandati all’aria dall’intervento fortuito di mamma Maria, ma anche qui il meccanismo non appare oliato come dovrebbe. Gli unici colpi che funzionano, alla fine, sono quelli di sonno.

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