hideout

cultura dell'immagine e della parola

La lingua di Pulcinella

La lingua di Pulcinella

Potrebbe sembrare una contraddizione, ma il centro del film della De Lillo – narrazione per immagini – è la parola, scritta o pronunciata. Eleonora è una donna di lettere, fa della scrittura non solo il suo diletto, ma anche la sua azione politica. La letteratura la distingue dal popolo, dalle altre donne, dallo stesso sovrano. La solitudine di Eleonora si fonda conseguentemente su un problema di comprensione con gli altri. L’allontanamento dal Re di Napoli non è soltanto ideologico, quando la nobile viene a contatto con le idee giacobine. Esso si consuma già da prima, nel momento in cui il Re non coglie le finezze della poesia di Eleonora e le sovrappone a una volgare filastrocca popolare. Eleonora parla un linguaggio che non è compreso, né dal popolo, né dall’aristocrazia.

L’interpretazione storica che emerge dal fallimento della rivoluzione è proprio questa: la rivoluzione parla un lingua che non appartiene al popolo. Eleonora ne è consapevole e tenta più volte di colmare il divario: vuole imparare il napoletano e insegnare l’italiano ai domestici. Cerca un veicolo popolare di comunicazione, come i burattini.
In tutto il film la parola è anticipatrice. È in avanti sui tempi, portatrice di idee rivoluzionare, mentre la parola del popolo resta ancorata al regresso e alla miseria, e non può fare altro che reclamare il pane. La rivoluzione sarà realizzata sul piano teorico e scritto, ma non si concretizzerà mai nei fatti. È utopica. Ma la parola è anche ciò che consente lo sviluppo della narrazione. La ricostruzione della vita di Eleonora procede in discontinuità nel tempo, fra avvenimenti e riflessioni della protagonista in punto di morte. Ma nel flusso degli eventi, apparentemente assemblati senza logica, una costante si ripete: le voci di Eleonora e degli altri personaggi anticipano sempre le immagini, in ogni cambio di scena. Il sonoro domina continuamente sul visivo.

Se la parola è anticipatrice sui tempi, teorica, utopica, la storia è invece fattuale, concreta. Le animazioni in figura ritagliata di Oreste Zevola sono certo un modo inusuale di rappresentare la storia. Ma la scelta di cercare delle immagini semplici, volutamente stilizzate, popolari, sono un modo per rendersi comprensibili a tutti, per restituire la Storia al legittimo proprietario, cioè il popolo. Senza rischi di incomprensione.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»