La semplicità delle emozioni di un incontro speciale
Stefano Rulli è uno più grandi e sensibili sceneggiatori italiani di cinema (da Matti da slegare – S. Agosti, M. Bellocchio, S. Petraglia, S. Rulli, 1975 – a Il ladro di bambini – Gianni Amelio, 1992 – e Le chiavi di casa – Gianni Amelio, 2004) e di fiction televisiva (da La piovra – Luigi Perelli – 1987/1992 – a Perlasca, un eroe italiano – Alberto Negrin, 2002 – a La meglio gioventù – Marco Tullio Giordana, 2003).
Con Un silenzio particolare torna a raccontare quel tema che da sempre gli sta a cuore: la malattia mentale e l’handicap.
Se in Matti da slegare, La meglio gioventù e Le chiavi di casa lo fa da dietro la macchina da presa e sceneggiando storie di altri, stavolta filma se stesso e mette a nudo la propria condizione, di fatica e di gioia, di genitore di un ragazzo affetto da disturbi psichici.
Egli è padre di Matteo, un ventiquattrenne che vive con due amici e fa l’aiuto cuoco all’ospedale di Perugia e che non resiste più di cinque minuti davanti ad un film. Ma che, spiega Stefano Rulli, davanti a Un silenzio particolare rimane seduto per tutta la sua durata, decidendo proprio lui che anche gli altri avrebbero potuto vederlo.
Un silenzio particolare nasce come filmino promozionale per l’agriturismo fondato dagli stessi Rulli e la moglie, la scrittrice Clara Sereni, tra i boschi del Monte Peglia in Umbria: è “La città del sole”, un luogo di vacanze per famiglie ma soprattutto per persone con problemi mentali e fisici, dove le diversità non sono che un punto di partenza alla conoscenza e alla comprensione reciproche.
Ma Matteo, lì di malavoglia, ad un certo punto entra spontaneamente in campo divenendone protagonista e così l’idea di partenza si trasforma in una sorta di diario privato della sua famiglia.
Girato con un’ impercettibile macchina digitale che vuole solo luci naturali, non disturba e non modifica la spontaneità dei comportamenti e delle reazioni, ma anzi è motivo di gioco e relazione, Un silenzio particolare non ha nulla di preordinato e scritto, di spettacolare o intellettualistico.
Delle cinquanta ore di materiale filmato quello che rimane è un documento di poco più di sessanta minuti, scevro da ogni patetismo e autocommiserazione, che mostra la vita nelle sue contraddizioni e nel suo farsi con grande rispetto.
Una semplice registrazione che coglie momenti qualsiasi di amicizia, festa, allegria, tenerezza tra gli ospiti dei casali (un compleanno, i balli, il karaoke, le cene) e di commozione, sconforto e pianto.
Colpisce la lucidità e la serenità dei pensieri di questi ragazzi, la sincerità della loro gioia, la consapevolezza della diversità e allo stesso tempo la sua accettazione.
Sguardi, silenzi, poche parole, poesie, abbracci, piccoli gesti che rivelano la loro autenticità, la sincerità dei sentimenti e, con una saggezza ai confini della follia, la semplicità delle loro emozioni.
«Sono più liberi e fragili davanti alle emozioni» si dice nel documento.
Non si vergognano mai dei loro sentimenti.
Colpisce la logica spiazzante dei loro ragionamenti: meraviglia la coerenza con la quale Matteo, dopo uno scatto d’aggressività nei confronti di Clara Sereni, mentre si calma e piange chiede al padre la borsa dell’acqua calda perché, spiega, gli fa male il cuore.
Un silenzio particolare delicatamente entra nella pelle rimanendovi per la semplicità delle sensazioni che mette a nudo e che muove.
Per l‘autenticità dei suoi sorrisi e il valore dei silenzi.
Una grande lezione di come il cinema, seguendo le parole dello stesso Stefano Rulli «possa aiutare a trovare un nuovo sguardo sulla vita».
Il regista, Stefano Rulli
Nel 1975, assieme ad Agosti, Bellocchio e Petraglia realizza il film-documentario Nessuno o tutti, che esce nelle sale in una versione più breve con il titolo Matti da slegare. Con lo stesso gruppo di persone nel 1977 realizza un’inchiesta in cinque puntate sul cinema come mito intitolata La macchina cinema.
Di pari passo all’attività documentaristica (oltre ai citati, gira assieme a Sandro Petraglia una sorta di trilogia sulle borgate romane) lavora come sceneggiatore per il cinema e per la televisione.
Ha appena terminato di scrivere, con Sandro Petraglia, il copione per il nuovo film di Giordana (Quando sei nato non puoi più nasconderti) e per Romanzo criminale di Placido.
Dal 1990 si interessa di sostenere e promuovere progetti sociali riguardo le malattie mentali.
Nel 1998 crea con la moglie Clara Sereni la Fondazione “La città del sole”: un luogo vero, non un’utopia, dove tutte le diversità hanno diritto di essere accolte e accettate.
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