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L’uomo che uccise Richard Nixon

L’uomo che uccise Richard Nixon

Alzi la mano chi non ha mai pensato che il modo più semplice per apparire sulle prime pagine dei giornali può essere quello di improvvisarsi serial killer. Sicuramente è il modo più sbagliato ed eticamente scorretto per “alzare la voce” e cercare di farsi sentire e non si discosta troppo dai metodi tristemente noti utilizzati dal terrorismo, nazionale e internazionale.

Il piccolo uomo Sam non sceglie questa possibilità, sono le circostanze che sembrano obbligarlo a modificare il suo comportamento, passando da un estremo all’altro senza soluzione di continuità. Lui, che ha perso svariati lavori per la sua cronica incapacità a mentire, che per la sua instabilità finanziaria ha perso la fiducia e l’affetto della moglie, che sente la propria voce strozzata in gola incapace di farsi ascoltare da un sistema sbagliato, sceglie di intraprendere un viaggio durante il suo giorno di ordinaria follia, nel tentativo di eliminare il cancro che sta minando l’intera società americana, che lui identifica nel volto di Richard Nixon.

Il principale di Sam definisce l’ex presidente come “il più grande commerciante della storia” perché sarebbe riuscito ad imbrogliare gli americani per due volte a proposito del Vietnam e per due volte a farsi eleggere su promesse che non avrebbe mantenuto. Nixon è il venditore migliore del mondo perché crede in se stesso, di questo Sam è convinto, e attraverso l’autoconvincimento cerca di compiere quello che per un piccolo uomo come lui sarebbe l’atto più grande. Sam che si è sempre considerato un granello di sabbia vuole dimostrare al mondo che anche un piccolo e insignificante uomo come lui può scatenare una forza distruttiva.

L’ideale manzoniano della storia celebra la figura degli umili e di coloro che, pur non apparendo negli annali, contribuiscono a scrivere le pagine della storia. In un mondo che tende a diventare un villaggio globale (nel 1974 la diffusione dei televisori è già mondiale), la storia viene scritta dai mass media e la possibilità di apparire sembra essere la risposta ad una voce che stenta ad essere ascoltata, ma ogni tentativo è vano.

The Assassination non è un thriller di fantapolitica, anzi, sebbene dialoghi e situazioni siano ricostruiti in modo romanzesco, la storia che ne ha ispirato la sceneggiatura è realmente accaduta, rendendo la vicenda ancor più paradossale. Ottimo Sean Penn nei panni di un inetto che sarebbe piaciuto a Italo Svevo e curiosa la lista delle celebrità che hanno creduto in questo film, realizzato da un regista esordiente. Nella lista dei produttori troviamo Alexander Payne, probabile trionfatore ai prossimi Oscar per Sideways (id., 2004), il divo Leonardo di Caprio, e il regista Alfonso Cuaròn (Y tu mama también, 2001). Presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes nella vetrina di Un Certain Regard.

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