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Sindrome da Peter Pan

Sindrome da Peter Pan

Le commedie teatrali di James M. Barrie (Johnny Depp) sono degli eventi mondani molto in voga nella Londra di fine ottocento, ma dopo l’ultimo fiasco anche la sua reputazione rischia di subire un tracollo. L’ispirazione per una nuova, folle, idea arriverà dall’amicizia che Barrie condivide con i tre figli di una bella e giovane vedova (Kate Winslet) incontrati un giorno per caso in un parco londinese. Il ragazzo che c’è in James riuscirà a esprimersi grazie ai piccoli amici, esplodendo in giochi di fantasia ricchi di ingenuo spirito infantile, ma la borghesia londinese non vede di buon occhio un uomo sposato che dedica più tempo ai figli di una vedova piuttosto che alla propria moglie. Charles Frohman, il produttore delle sue opere (Dustin Hoffman, per la seconda volta alle prese con Peter Pan dopo Hook – Steven Spielberg, 1991), sceglierà di assecondare le scelte di Barrie per un’ultima volta prima decretare il suo fallimento. Ma la genialità dell’autore ne decreterà un successo senza precendenti.

La sindrome di Peter Pan viene comunemente utilizzata per descrivere un comportamento psicologico in cui un individuo adulto prosegue a mantenere un comportamento infantile privo di responsabilità anche nel periodo della maturità. Peter Pan è per antonomasia l’icona del bambino che sceglie di non crescere. Il film di Marc Forster, romanzando la biografia dello scrittore scozzese Barrie, ha il pregio di mettere di fronte due personaggi estremi l’uno all’altro ma che si rivelano essere assai compatibili. James M. Barrie è l’adulto che non vuole crescere, che di fronte alle responsabilità della vita e a una moglie pragmatica ed arrivista preferisce rifugiarsi nella sua fervida fantasia infantile e nell’innocente amicizia dei bambini, mentre il piccolo Peter (a cui James si ispirerà per la sua opera più famosa) è un bambino che in seguito alla morte del padre cerca di fuggire dalla sua infanzia, convinto che per gli adulti sia più facile sopportare le sofferenze. L’approccio tra i due protagonisti del film non sarà immediato né privo di conseguenze, ma come ogni favola avrà il suo lieto fine.

Neverland è una favola commovente, ma è anche un’occasione di celebrare il centenario dalla pubblicazione di Peter Pan, or The Boy who wouldn’t grow up messo in scena per la prima volta nel dicembre del 1904. Da allora l’Isola-che-non-c’è, con la formula per raggiungerla “seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino”, è diventato il luogo ideale in cui ogni bambino (piccolo o cresciuto che sia) può rifugiarsi nel momento in cui la sua fantasia lo sottrae dal mondo reale. Basta un pensiero felice perché tutti possano volare via coi Bambini Sperduti, Campanellino, il cane Nana, Spugna e il Capitan Uncino, sempre che ogni volta che sentendo il tic-tac di una vecchia sveglia venga alla mente l’immagine di un grosso coccodrillo…

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