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Tesori e leggende metropolitane

Tesori e leggende metropolitane

Il film di Jon Turteltaub parte come un brano degli U2: aggressivo e trasgressivo, grazie all’originale e ottima idea di partenza, per la quale i protagonisti dell’avventura si impegnano a trafugare la Dichiarazione d’Indipendenza per rintracciarne, sul retro, le tracce del tesoro dei Cavalieri Templari. Poi, con lo svolgersi della vicenda, la pellicola diventa come una canzone dei Pooh: buonista e dispensatrice di canditi per nonni e nipotini, con un lieto fine così dolciastro e melenso da lasciare di stucco. In sintesi, uno schizoide e dicotomico percorso che attraversa il film senza soluzione di continuità.

Per fortuna, c’è quel mostro di bravura di Nicolas Cage (fantastico in Face Off – id., John Woo, 1997 -, premio Oscar e Golden Globe per Via da Las Vegas, – Leaving Las Vegas, Mike Figgis, 1995) che saprebbe dar senso drammatico anche a una lettura di ricette gastronomiche. Difatti, Cage, nei panni del ladro-gentiluomo Ben Gates, da solo regge tutta la dissonante struttura del film, con il miracolo di fornirle addirittura solidità e credibilità. La sua impressionante duttilità e sensibilità d’attore, però, nulla può contro alcune ingenuità dello script. Perché quella che dovrebbe risultare come una “grandiosa rapina” ai danni del Tesoro Nazionale degli Stati Uniti, nei fatti diviene un improbabile colpo da banda del buco, senza neanche il conforto dell’esilarante Capannelle e della sua mitica pasta e fagioli.

Al contrario, la sceneggiatura è ammirevole nella cura degli indizi che porteranno al ritrovamento del tesoro. Queste tracce svariano dalla piramide massonica (presente nelle comuni banconote da un dollaro) alla Trinity Church di New York (fatta ricostruire da George Washington e con le spoglie di Francis Lewis, firmatario della Dichiarazione d’Indipendenza), sino alla torre della Liberty Bell di Philadelphia (che annette la Campana del Centenario del 1876) e, naturalmente, all’Independence Hall della stessa città della Pennsylvania, dove il 4 Luglio del 1776 venne firmata la Dichiarazione d’Indipendenza redatta da Thomas Jefferson.

Un Thomas Jefferson, Presidente degli Stati Uniti dal 1801, ma anche inventore del celebre “codice Jefferson”. Un sistema di crittografia meccanica che nella seconda guerra mondiale verrà utilizzato dai nazisti tramite la nota Macchina Enigma (che nel 2002 ha ispirato la pellicola Enigma di Michael Apted), ma che nel film di Turteltaub ha il pregio di miscelare, con eleganza, l’elemento mistery alla puntuale ricerca storica.

Purtroppo, Turteltaub non è nemmeno lontano parente di Hitchcock, quindi non lo ha neppure sfiorato il pensiero di sfruttare al meglio, sul piano delle riprese, come faceva il maestro del brivido, il prezioso patrimonio architettonico di cui sopra, al fine di abbinare la suggestione dei monumenti nazionali alla tensione crescente di un intreccio, invece, ben articolato. Così, il regista si è limitato a un piatto esercizio calligrafico, capace solo di immortalare delle comuni “cartoline in movimento”. Che spreco! Poi, però, il regista si rifà inanellando delle buone scene d’azione che, soprattutto nel finale, contribuiscono ad alimentare un buon livello di spettacolarità.
Un film a montagne russe, insomma, con ottimi picchi d’azione e di retroterra storico e improvvise discese di occasioni perdute.

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