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La tela delle banalità

La tela delle banalità

Nessuno si aspetterebbe molto da una pellicola come La tela dell’assassino, anzi, basterebbe guardare il trailer o riflettere sull’evocazione “ragnesca” del titolo per farsi l’idea di un film-fotocopia, schiavo di uno standard che si è imposto negli ultimi anni grazie al successo dei due film ispirati ai libri di James Patterson, Il collezionista (Kiss the girls, Fleder 1997) e Nella morsa del ragno (Along came a spider, Tamahori 2001).
È pur vero che, guardando il film, si avverte, a livello quasi istintivo, la volontà da parte del regista di uscire da questi schemi e di creare un prodotto davvero originale, ma il risultato finale è piuttosto deludente, tanto che La tela dell’assassino non solo non riesce a superare i limiti dello standard, ma non riesce a qualificarsi nemmeno alla sua altezza.

Il principale punto debole di questo film è l’incapacità di creare suspense. Spesso la protagonista sente i passi del suo misterioso persecutore e in un paio di occasioni si accorge della presenza di un intruso in casa, che però si rivela essere soltanto un ex fidanzato eccessivamente invadente; decisamente troppo poco e troppo banale.
Totalmente statico, se non assente, il cammino che porta Jessica alla scoperta dell’identità dell’assassino; nessun indizio, nessuna prova, nessuna intuizione, nessuna deduzione, tanto che alla fine il misterioso killer, più che venire smascherato, per così dire si smaschera da solo.
Lo sviluppo della trama consiste semplicemente nella ripetizione ossessiva di uno stesso modello: Jessica arriva a casa, assume alcolici e perde i sensi – la mattina dopo, uno dei suoi ex viene trovato morto – Jessica non ricorda nulla della notte trascorsa e non ha un alibi – Jessica è la principale indiziata e dubita della sua stessa innocenza.
Il film, inoltre, è particolarmente avido di colpi di scena. Persino la scena finale, la rivelazione dell’identità del serial killer, coglie impreparati soltanto i personaggi della finzione filmica. La maggior parte degli spettatori in sala, al contrario, non avrà difficoltà a intuire il volto dell’assassino già qualche minuto dopo l’inizio della proiezione.
Anche la scelta delle ambientazioni risente di una certa superficialità, proponendoci locazioni viste e riviste, come il garage deserto o il molo avvolto nella nebbia.

La recitazione degli attori è l’unica nota positiva. Passabili, anche se non eccezionali, i due interpreti maschili Andy Garcia e Samuel L. Jackson, mentre decisamente sopra le righe è la performance di Ashley Judd, che dà vita a un personaggio intrigante e a tutto tondo.
Purtroppo un cast di buon livello non basta a sollevare la qualità complessiva della pellicola, che risulta fin troppo piatta e banale.

Una chicca: in una scena del film vediamo Jessica avvicinarsi a un tavolo da biliardo, afferrare la palla numero 8 e lanciarla in una buca. Ma la stessa palla ricompare nell’inquadratura immediatamente successiva, esattamente nella stessa posizione dove si trovava prima di essere toccata dalla protagonista!

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