Paura e delirio a New York
Il regista-autore
Siamo alla fine del XXI secolo. Il mondo è ormai abitato da mutanti ed extraterrestri che convivono, più o meno pacificamente, con gli esseri umani, veri o sintetici che siano. In questo scenario post (o pre?) apocalittico si svolge l’allucinato e delirante film di Enki Bilal, alla terza prova da regista dopo Bunker Palace Hotel (id., 1989) e Tycho Moon (id., 1996).
Bilal, jugoslavo di nascita ma francese d’adozione, proviene da una lunga ed affermata carriera nel mondo del fumetto, in cui dal 1971 continua a mietere successi. La sua passione per la geopolitica, mista al giornalismo e alla fantascienza, ha dato vita alla cosiddetta Trilogie Nikopol, costituita dagli album La foire aux immortels (1980), La femme piège (1986) e Froid equateur (1993); dalla decostruzione delle prime due opere è scaturito l’adattamento cinematografico realizzato da Serge Lehman e supervisionato dallo stesso Bilal.
Il film
Immortal ad vitam sovverte ogni ordine, investe con la potenza di una computer grafica strabiliante che assorbe e amalgama il carnale con l’artificiale, miscela il sangue con il
sintetico, la realtà con la più folle delle illusioni. All’interno di questo mondo visionario, ultraumano e spesso disumano, l’unica legge che sembra poter reggere è quella dell’Amore, un Amore universale, capace di unire il più potente (e arrogante) degli dèi egizi a un uomo mortale, per poter amare, insieme, una donna che in realtà donna non è.
I dialoghi
La potenza visiva è amplificata dall’onda viscerale e sensuale dei versi di Baudelaire, tratti da Une carogne e Poison, che già nei titoli richiamano quel senso di sangue e di corrotto presente nelle immagini.
Purtroppo, quando viene a mancare il genio di Baudelaire, i dialoghi rimangono troppo fumettosi, e si avverte uno stridore tra ciò che vediamo e ciò che sentiamo: questo perché a occuparsene è stato lo stesso Bilal, il quale non è riuscito a completare la rottura con il suo mondo di provenienza, realizzata invece perfettamente per la sceneggiatura e le immagini.
Il progetto
Realizzare Immortal ad vitam è stata per il produttore una sfida fuori del comune, per riuscire a dimostrare che l’Europa può competere con gli Stati Uniti nel campo delle immagini digitali a 3D. Ebbene, la sfida è stata vinta, ed è bello vedere nelle sale, contemporaneamente, questo prodotto francese in 3D accanto a un cartoon tutto spagnolo (El Cid – La leggenda, 2003), uniti nel contendere il mercato allo strapotere di Hollywood.
Curiosità
Una menzione speciale meritano le musiche dei Sigur Ros, maestri nel creare atmosfere angoscianti e asfittiche, ovattate da un’allucinata sensazione di straniamento.
A cura di Enrico Bocedi
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