L’incapacità di raccontare storie
La storia reale
Il film ripercorre la rapida ascesa di un giovane giornalista e l’altrettanto improvviso declino della sua carriera come redattore di una delle più prestigiose riviste politiche e di cronaca degli USA, The New Republic. Un declino apparentemente inspiegabile, privo di motivazioni e che sembrava dettato solo dall’invidia del direttore responsabile Charles Lane. Invece, come si venne a scoprire pubblicamente qualche anno più tardi, il mirabolante scrittore era stato allontanato per aver inventato la maggior parte delle notizie che aveva pubblicato presso quel giornale. «La mia vita non è stata altro che una lunga serie di menzogne» arriverà ad ammettere lo stesso Glass. Una storia interessante, capace di far riflettere, con il suo carico di implicazioni, sul rapporto di fiducia che viene instaurandosi tra lettore e mezzo di comunicazione di massa e sulle conseguenze del tradimento di tale patto. Un esempio di delicato equilibrio etico-lavorativo che assume un significato ancor più importante poiché si tratta di un episodio realmente accaduto.
Il prodotto film
Dal punto di vista prettamente filmico, la pellicola delude ampiamente. Sotto tutti gli aspetti. La recitazione è a dir poco scadente, tanto gli attori appaiono sempre uguali a se stessi nelle loro espressioni. Incapaci di dare conto a livello visivo dei presunti cambiamenti d’umore dettati dalle vicende che li circondano, ci si arriva a chiedere se per caso quelle osservate sullo schermo non siano in realtà delle maschere di cera indossate ad hoc, piuttosto che degli attori in carne ed ossa. La colonna sonora è totalmente assente e, pur non essendo questo un difetto a priori, all’interno di un ritmo narrativo così lento e compassato un discreto intrattenimento musicale avrebbe aiutato a far scorrere più velocemente il tempo di fruizione del film. I movimenti di macchina non offrono nulla di originale, né a livello di organizzazione dell’inquadratura, né a livello di montaggio. Solo nella parte conclusiva della pellicola la mano del regista interviene in modo evidente per donare quel tocco in più capace di risvegliare l’attenzione dello spettatore, ma ormai è troppo tardi: tutti in sala stanno già dormendo.
Il rapporto tra realtà e finzione
In teoria tutto il film potrebbe essere interpretato come una metafora tra verità e menzogna, vista e considerata la gravità dell’atteggiamento sconsiderato di Glass nei confronti dei mezzi d’informazione. Purtroppo un argomento così importante è stato riportato sul grande schermo in modo del tutto inadeguato, attraverso un prodotto mediocre se non addirittura pessimo. Forse il regista voleva portare avanti un parallelismo tra la realtà dei fatti di cronaca da cui ha tratto ispirazione e la Verità, opposti invece al film e alle finzioni di Glass come esempi della Menzogna: volendosi schierare dalla parte del valore positivo del Vero, ha proposto una trasposizione cinematografica assolutamente non all’altezza dei fatti realmente accaduti. Come dire: a volte la realtà supera la fantasia.
A cura di Simone Penati
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