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Cari vecchi robot

Cari vecchi robot

Ispirato liberamente all’omonimo libro di Isaac Asimov, uno dei padri della fantascienza moderna, il film di Proyas piace con riserva. Si prova infatti una strana sensazione a guardarlo. Sembra che sia nato già vecchio, sebbene calato in un futuro ipertecnologico, pieno di effetti speciali. A tale sensazione contribuisce anche la mancanza di ritmo, importante ingrediente dei film di fantascienza attuali. Principale ragione di questa generale lentezza è, innanzitutto, la storia, a metà strada tra la fantascienza e il giallo, con quest’ultimo sganciato dall’azione e collegato al dialogo e alla riflessione filosofica. Una riflessione sui robot e non sull’uomo, come era normale accadesse ai tempi del libro di Asimov, uscito negli anni Cinquanta del secolo scorso, quando la novità principale era l’intelligenza artificiale. In qualche modo l’uomo rimaneva al centro, come pietra di paragone ineludibile, per cui i robot affascinavano – e impaurivano – nella prospettiva di una competizione. L’uomo era il creatore e i robot i suoi prodotti dalla dubbia natura.

Oggi le cose sono cambiate: invece che semplici macchine, l’uomo può creare un essere a sua immagine e somiglianza. Addirittura si è aperta la prospettiva dell’eternità, raggiungibile attraverso la clonazione della mente: in questo scenario la robotica ha perso importanza. Di conseguenza pure le tre celebri leggi enunciate da Asimov, quelle pensate per difendere l’uomo dai robot. È chiaro che il vero pericolo per l’uomo è l’uomo stesso – non c’è bisogno di scomodare le macchine. Infatti, se Asimov pensa che le macchine possano aggirare i divieti, seguendo una logica stringente, gli uomini sono addirittura in grado di non porseli. Presto, quindi, potremmo avere dei cloni tra noi: e il cinema, rappresentando la loro competizione con i robot, ha già fatto il suo pronostico (in un’episodio di “Star Wars”, dove a vincere sono i cloni). Questa è l’epoca dei cloni, non dei robot, innanzitutto da un punto di vista etico, a prescindere dalle scelte future dell’umanità. Presto sapremo se all’Onu si voterà compatti contro la clonazione terapeutica. In attesa del risultato, oltreché dello sviluppo di una simile, straordinaria tecnica, possiamo tornare alla storia di Asimov.

Protagonista del film è un poliziotto di colore (Will Smith) che ce l’ha a morte con le macchine umanoidi, e con chi le produce su scala mondiale, un imprenditore novello Bill Gates della robotica.
Chiamato ad indagare su una strana morte, quella del geniale progettista dei robot, prende subito di mira uno di loro, trovato nascosto sulla scena del delitto. In breve verrà aiutato dalla bella di turno, una psicologa lenta di comprendonio ed ex-collaboratrice della vittima.
Alla fine un colpevole vero e proprio non uscirà fuori, almeno da un punto di vista teorico. E non a caso: pur calata in un futuro ipertecnologico, la storia ha come vere protagoniste l’imprevedibilità e la sorte. A chi pensa di poter realizzare il paradiso in terra, Asimov replica con la pessimistica tesi dell’imprevisto: tema, questo, assai attuale, e non solo per via della guerra irachena.

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• Articolo sul rapporto tra il film di Alex Proyas e il libro di Isaac Asimov

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