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Sentieri di luce nella notte

Sentieri di luce nella notte

Il grande talento di Michael Mann* al servizio di un noir d’azione metropolitano con echi di gangster’s movie. Una storia che vive in una notte dove regnano gli specchi, lo scambio d’identità, i fantasmi del passato, dove ogni cosa ha il suo doppio e il fato favorisce “coincidenze cosmiche”. Vincent (un convincente Tom Cruise) è un killer dell’era capitalista con capelli, barba e completo grigi, un manager spietato e “squallido” concentrato sul proprio contratto di lavoro. Max (Jamie Foxx) fa il tassista di notte (per scelta) “in via provvisoria” da dodici anni e osserva il mondo attraverso lo specchietto retrovisore sognando davanti all’immagine di un isola esotica in cartolina. I due uomini si dissolveranno gradualmente nel mare di luci delle highway di Los Angeles compiendo un viaggio simbolico verso la consapevolezza e la sconfitta.

Il ritmo luminoso di Los Angeles

Lo spettatore è cullato fin dalle prime sequenze attraverso i sentieri di luce, colori e jazz della notte metropolitana con la sensazione di essere dentro lo schermo, nel taxi di Max. A tratti lo stato di trance è interrotto bruscamente da scene violente e sublimi come il sincopato montaggio-collage all’interno della discoteca “Fever”! dove i concetti di tempo e spazio perdono ogni significato. Fin dalla prima inquadratura si rimane ipnotizzati dalle macchie gialle e arancione della carrozzeria del taxi alternate ai giochi di luce lungo i vetri. Magiche le riprese dall’alto dell’auto che sembra navigare tra enormi fasci luminosi in un oceano nero. Una giungla di specchi colorati che riflette continuamente ogni cosa frammentandola, trasformandola e rendendola rarefatta grazie alla meravigliosa fotografia di Dion Beebe e all’uso “artistico” del digitale che, come ha detto il regista, era “l’unica tecnica che poteva catturare tutte le luci di una notte in questa città”.

Un percorso (quasi) circolare

Un tassista nero, un killer bianco, la mafia latino-americana e un misterioso coyote: questa è Los Angeles. L’autore voleva “raccontare una storia che evocasse la giungla nascosta appena sotto la superficie della grande città”, ma in Collateral, come nei noir più classici, non è importante la trama, chi deve uccidere chi e perché ma la psicologia dei personaggi, lo spazio dove si muovono, le immagini, il cinema. In una notte dove le dark ladies esistono solo nei sogni o nel passato, tassista e cliente sono soli l’uno accanto all’altro ripresi inesorabilmente in primissimo piano. Il taxi, non più luogo transitorio, diventa lo strumento di un percorso apparentemente circolare che li condurrà a specchiarsi l’uno nell’altro psicoanalizzandosi a vicenda verso il finale “azzurro” dell’alba sul ponte della metropolitana/carro funebre.

Curiosità

Il ruolo del procuratore legale è interpretato ottimamente da Jada Pinkett Smith, già nel cast di Bamboozled (Spike Lee, 2000) e di Alì (2001) per lo stesso Michael Mann. L’attrice è nota al grande pubblico per il ruolo di Niobe in Matrix reloaded e Matrix revolutions (2003).

Cammeo di Javier Bardem che interpreta un narcotrafficante.

* Michael Mann, nato a Chicago classe ‘43, è considerato dagli anni 80 tra i più dotati registi del cinema Usa. Ha iniziato la carriera come sceneggiatore di alcuni episodi di Starsky e Hutch e come produttore di Miami Vice, poi ha diretto nel 1981 Strade violente e, tra l’altro, Manhunter – Frammenti di un omicidio (1986), L’ultimo dei Mohicani (1992), The Heat – La sfida (1995), Insider – Dietro la verità (1999) e Alì nel 2001.

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