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Un gattone troppo infantile

Un gattone troppo infantile

Dopo un pressing asfissiante da parte del produttore John Davis, l’autore di una delle strip comiche più famose di tutti i tempi si è finalmente convinto a portare sul grande schermo le avventure/disavventure della palla di pelo arancione di nome Garfield. In più di un’occasione Jim Davis (il disegnatore, nessuna parentela con il produttore) si era dichiarato titubante a causa delle perplessità legate al mantenimento dell’essenza intima del gatto nella trasposizione da un medium di massa ad un altro. Spinto dall’entusiasmo del cast tecnico del film e dai notevoli progressi della computer grafica, l’accordo è stato trovato e il risultato di questa collaborazione sono 74 minuti di allegro divertimento. Almeno per i bambini più piccoli. La nota dolente, infatti, risiede nel fatto di aver creato un prodotto che chiaramente è indirizzato ad un target molto giovane, offrendo situazioni comiche piuttosto infantili. Ma procediamo con ordine.

Realizzazione tecnica
Dal punto di vista degli effetti speciali, la pellicola raggiunge un buon livello: il micione è riprodotto in maniera davvero convincente, poiché è capace, da un lato, di soddisfare la mimesi di un gatto reale e, dall’altro, di rispecchiare le esigenze di maschera comica tipiche del personaggio. Inoltre, risultano davvero piacevoli le interazioni tra il felino virtuale e le sue controparti reali, umane e non.

Prestazione artistica
Gli attori umani ricoprono in questo film un ruolo secondario rispetto non solo al protagonista computerizzato ma anche ai funambolici animali in carne e ossa. Questo però non è un motivo sufficiente per giustificare lo scarso livello qualitativo della recitazione offerto dal cast: poco convincenti, inebetiti ed inespressivi, non riescono minimamente a reggere il confronto con le prestazioni circensi di cani, gatti e topi che ci deliziano per tutta la durata della proiezione.

Livello narrativo
La storia mostrata si mantiene sui binari della banalità edulcorata-fiabesca-sdolcinata tipica di un certo filone di produzioni per bambini. Rari gli spunti di originalità narrativa proposti allo spettatore all’interno di un plot che non riesce a decollare: chiunque abbia visto anche solo un film per ragazzi nel corso della sua vita, non faticherà a prevedere gli sviluppi della vicenda. Ulteriore dimostrazione, questa, di una precisa volontà atta ad indirizzare il prodotto verso una specifica fascia d’utenza anagraficamente orientata verso il basso.

Fedeltà al soggetto originale
Inutile dire come l’essenza del Garfield originale, quello a fumetti, non sia stata mantenuta integra all’interno della pellicola. Le strip di Davis si sono sempre contraddistinte per una capacità satirica degna di una vera e propria analisi psicologica della società contemporanea. Battute e gags folgoranti, capaci di inquadrare in poche vignette i lati più viziosi dell’uomo moderno, suscitando un’ilarità fine, sottile, sempre accompagnata da una riflessione sull’uomo e sulle sue debolezze. Pigrizia, individualismo, gola, egocentrismo: Isidoro da sempre raffigura quei lati della nostra personalità che cerchiamo di tenere nascosti o, per lo meno, di attutire nel rapporto con gli altri. Se si evita una lettura meramente superficiale delle strisce del gattone arancione, ci si accorge che non vi è assolutamente nulla di infantile nelle sue freddure. Questo spirito di satira si è completamente perso nella trasposizione cinematografica.

Conclusioni
Perdendo di vista gli aspetti più profondi della capacità comica delle vignette di Garfield, il film si propone come un semplice, discreto e per niente originale film per bambini. Nulla più.

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