Il castello nel cielo: Un castello nell’Olimpo dell’animazione
Dopo Porco rosso e Il mio vicino Totoro, Il castello nel cielo è il terzo lungometraggio inedito di Hayao Miyazaki che Lucky Red distribuisce nelle sale italiane. È anche il terzo lavoro cinematografico del regista giapponese e il primo prodotto dallo Studio Ghibli, fondato nel 1985 dallo stesso Miyazaki e da Isao Takahata. E il primo tra i suoi capolavori.
È quasi impossibile scrivere o dire qualcosa di interessante su un film di Miyazaki. Non è dell’intreccio, delle avventure dei personaggi, che si può parlare. Tanto sapiente è l’alternanza del ritmo, dal travolgente al riflessivo, e del tono, dalla serietà della maturità alla spensieratezza dell’infanzia, che le peripezie di Sheeta e Pazu degraderebbero in una sterile registrazione di avvenimenti senza emozioni. Perciò guardatelo! Si potrebbe discutere delle tematiche. Tematiche semplici, ormai da tempo largamente battute, e per questo più difficili di tutte le altre. Ma a cosa serve dire che Il castello nel cielo tratta di antimilitarismo, ecologia e amicizia? A nulla se si considera che questo è un semplice elenco e nulla di più. È interessante, e assolutamente commovente, vedere invece come Miyazaki veicola i suoi messaggi. Lo fa attraverso una storia di genuina umanità, un disegno che coniuga limpidezza e inventiva visionaria e dei personaggi (dei bambini) nei quali un pubblico adulto, difficilmente, potrebbe identificarsi; eppure la loro innocenza turbata dalle trame del potere e i loro sentimenti puri, disinteressati, spontanei che arrivano a tirare fuori il buono che c’è dentro i temibili pirati e che alla fine trionfano, difficilmente non scuotono l’animo dello spettatore. Ma anche dire ciò è di qualche utilità? No, perché è un film da vedere, non da discutere.
Miyazaki ha la rarissima capacità di trattare temi semplici con semplicità senza banalizzarli, di unire riflessione e sano intrattenimento. Un contributo alla bellezza delle opere del maestro dell’animazione giapponese è apportato dalle straordinarie musiche di Joe Hisaishi (autore di colonne sonore anche per Takeshi Kitano), la cui imprescindibile collaborazione ha dato vita a uno dei sodalizi regista-compositore più interessante di tutti i tempi.
A cura di Riccardo Vanin
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