hideout

cultura dell'immagine e della parola

Battleship: Niente di nuovo sul fronte del consumo

Niente di nuovo sul fronte del consumo

Ispirato dall’omonimo gioco da tavolo della Hasbro, Battleship è un film alla Michael Bay, tanto per intenderci. Fin qui nulla d’insolito. Ma durante la visione sorge spontanea una domanda: il film c’è o ci fa? Insomma, fino a che punto Battleship si prende sul serio e quanto è sua intenzione abbracciare l’autoparodia? Inizia in un bar. I due fratelli Hopper festeggiano il compleanno di Alex. Fin dalle prime battute è chiara l’opposizione caratteriale tra i due: il marinaio Stone è equilibrato, ligio al dovere e con la testa sulle spalle; Alex è ribelle, senza un obiettivo e disoccupato non preoccupato di esserlo. Stone sta facendo le consuete ramanzine al fratello, quand’ecco che entra in scena la bionda tettona Samantha che ordina un chicken burrito. Ma la cucina è chiusa. Alex non ci pensa due volte, smette di ascoltare Stone e si fionda da lei, promettendole un chicken burrito entro cinque minuti. Rapinerà un supermercato, si farà malmenare dalla polizia, ma consegnerà a Samantha il chicken burrito e lei gli consegnerà il suo cuore.

Gli stereotipi del genere ci sono tutti (lo sciagurato bisognoso di disciplina, la bella da conquistare) e la resa comicizzante e caricaturale dissipa ogni dubbio: è un’autoparodia. Ma il tono dei discorsi sull’onore, il coraggio e l’eroismo (soprattutto se messi in bocca a un attore dalla professionalità indiscussa come Liam Neeson) è di una serietà tale da mettere a rischio la natura intrattenitrice dell’operazione. L’intera sequenza, poi, dedicata ai mutilati di guerra è assolutamente dissonante con l’essenza fracassona ed eccessiva del film, una nota anti-militarista in un film che è un’apologia alla spettacolarità delle esplosioni e alla super-tecnologia delle armi più avanzate. E come giustificare allora le citazioni, assolutamente gratuite, di Omero e Sun-tzu? È ancora autoironia o un estemporaneo anelito a un tono più impegnato?

Ma, tutto sommato, il gioco funziona. Il ritmo è incalzante e il divertimento non manca. Battleship è ancora una volta un esempio di cinema iperbolico dove i colpi di scena si sommano a tal punto da diventare prassi e gli interventi provvidenziali all’ultimo secondo messi sempre a raddrizzare l’esito tendente a favore dei cattivi, e dove tutto alla fine torna, persino la “corazzata” (battleship in inglese, per l’appunto) Missouri tornerà utile ai protagonisti, obsoleta e meno tecnologica dei moderni cacciatorpediniere ma più resistente ai colpi.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»